Il podio della Indie Music Like resta invariato: al primo posto troviamo i Kutso con Elisa (etichetta IT.POP) , al secondo gli Zen Circus con Il nulla (La Tempesta) e al terzo Malika Ayane con Adesso qui (nostalgico presente) (Sugar). A partire da quest’anno viene pubblicata anche la Video Indie Music Like, che questa settimana vede in prima posizione il video di Alex Britti Un attimo importante (IT.POP), seguito da Nessuno vale quanto te (Macro Beats) di Ghemon e ancora da Elisa dei Kutso. Per vedere le classifiche complete visitate il sito del MEI.
Eccoci giunti al numero 5 di INDIANA MUSIC MAGAZINE, scaricabile gratuitamente da oggi cliccando sulla copertina. In una lunga intervista Francesco Garolfi racconta passato e presente del suo variegato percorso artistico e svela il suo nuovo Wild (qui il video di presentazione). I dischi prescelti per le recensioni di questo mese sono quelli di Colapesce e Utveggi. Ancora aperto, ve lo ricordiamo, l’INDIANA MUSIC CONTEST: partecipate e contattateci per qualsiasi informazione. Intanto, cliccate sulla copertina per il freedownload!
Dal folk all’elettronica, dal cantautorato al punk, dall’Italia agli Stati Uniti, eccovi la nuova infornata di 10 brani che stanno tormentando le nostre menti indiane questo mese. Ascoltate, condividete e commentate l’INDIANA PLAYLIST DI FEBBRAIO. Continuate a seguirci anche su Facebook e Twitter. Ne approfittiamo per annunciarvi che INDIANA ha superato le 10 mila visite! Grazie a tutti voi. Ora non ci resta che augurarvi un buon ascolto (fate scorrere la barra di Spotify fino in fondo). Matteo Ceschi, Elisa Giovanatti e Katia Del Savio.
Dall’epoca del loro esordio con l’album Una dialettica particolare (2006) la band pugliese di strada ne ha percorsa. Tra una tappa e l’altra delle loro peregrinazioni, i PUNTInESPANSIONE hanno lentamente mutato il tiro delle bordate sonore spostandosi progressivamente dal folk delle origini a un rock che, con l’ultimo lavoro, trova una propria e precisa identità abbracciando un’ampia galassia di elementi di elettronica. Il definitivo passaggio alla corte di Elvis Presley è avvenuto anche grazie a Gaetano Camporeale e Antonio Porcelli, rispettivamente tastierista e tecnico del suono di Caparezza, collaboratori capaci di stuzzicare a sufficienza il barbuto quintetto tanto da spingerlo a fare proprio il concetto permeabile di crossover. Ascoltando le nove tracce del disco si intuisce presto che ai PUNTInESPANSIONE piace molto giocare con le citazioni alla ricerca di possibili ponti tra un presente in continua evoluzione, crossover, appunto, e un passato che non ha ancora esploso l’ultima parola. Noir, brano dedicato all’endemica piaga del lavoro nero, è la perfetta cartolina di questa “attitude”: insistenti richiami alla electro-pop dei primissimi anni Ottanta – i Krisma non vi dicono niente? – sanno rendere, grazie alla loro inconfondibile musicalità pop, ancora più diretto e forte il messaggio del testo. Ad un primo, ad un secondo e anche a un terzo ascolto, L’essere perfetto dimostra di possedere tutte le note giuste per diventare uno dei migliori album del 2015. (Matteo Ceschi)
“Dentro la bocca dell’io estraggo il dente”. Inizia così il secondo album di Colapesce che ruota intorno al concetto di egocentrismo, legato in particolare allo smisurato uso di selfie e autocompiacimento sui social network. Per dare forma a questo concetto l’artista siciliano ha fatto stampare la sua statua in 3D alta 30 cm che vedete nella copertina. Manifesto dell’album è proprio la titletrack Egomostro, un elettropop anni ’80 che ironizza: “non c’è scampo per il cibo, è già condiviso ancor prima di mangiare”. Colapesce (alias Lorenzo Urciullo) si conferma un ottimo paroliere capace di evocare immagini originali, come quando nell’eterea L’altra guancia descrive la sensazione dello scorrere del tempo con queste parole: “ci sono dei giorni in cui le ore sono briciole/raccolgo i minuti sopra al tavolo/la vita è solo una manciata di domeniche”. E poi, in Copperfield, brano fra i più belli del disco, con diversi strati sonori e cambi di rotta, nel ritornello scrive: “le emozioni no, neanche Copperfield può farle sparire, non c’è una formula che fermi una lacrima, uno tsunami dentro”. Elettronica, strumenti e cantautorato funzionano alla perfezione anche in questo secondo lavoro dell’artista che tre anni fa fece gridare al miracolo la critica con Un meraviglioso declino. In alcuni brani, come Reale, il nostro sembra aver imparato la lezione dell’ultimo Battisti, in altri, come nel ritmato Brezsny (dedicato proprio all’oroscopista della rivista Internazionale Rob Brezsny) è forte il richiamo di Battiato. Da vedere, infine, il provocatorio video del singolo Maledetti italiani in cui un cicciotello bambino nero distrugge le immagini di celebri personaggi italiani: politici, artisti, intellettuali, stilisti, imprenditori sportivi, ecc. Per questo album Colapesce si è avvalso della collaborazione di uno stuolo di musicisti di varie provenienze artistiche ed è prodotto dallo stesso Lorenzo insieme a Mario Conte, collaboratore, fra gli altri, di Meg. Complimenti alla 42 records, capace come sempre di cogliere, come nel caso ad esempio dei Drink to me, strade trasversali per raggiungere il bello in musica. (Katia Del Savio)
Effetto Sanremo sulla classifica Indie Music Like. Gli indipendenti del Festival piazzano 3 nomi nella top 5: i Kutso conquistano la vetta con Elisa, Malika Ayane al terzo posto con Adesso e qui (nostalgico presente), Grazia Di Michele e Mauro Coruzzi al quinto posto con Io sono una finestra, mentre troviamo al secondo posto gli Zen Circus e al quarto Rachele Bastreghi. Per la classifica completa visita il sito del MEI.
Spetta a Nitro, uno dei rapper più taglienti della scuderia Machete, l’onore dell’ennesimo singolo estratto dal fortunato Mixtape Vol. III. Il brano Phil De Payne, prodotto dal milanese Low Kidd, accarezza prima e poi abbraccia il genere horror-core schierandosi con dignità accanto ai maestri del genere, gli statunitensi Necro e Gravediggaz. La durezza del beat, tuttavia, non esclude una certa e scanzonata vena pop tipo Scooby-Doo.
Un lavoro, quello del compositore Piernicola Di Muro, che colpisce per la gentilezza e il garbo del suono. Le sei tracce dell’EP intitolato A Place to Be Safe vogliono ripercorrere, senza nessuna intenzione apologetica, le gesta dell’elettronica anni Novanta con il preciso intento di svelarne anche a posteriori ogni più piccola e poetica piega. Un’operazione certamente ambiziosa e non priva di insidie che nelle intenzioni dell’autore andava compiuta per amore della musica. Conscio delle difficoltà Di Muro si è fatto affiancare dalla cantante Francesca Amati, già Amyncabe e Comaneci, e dalla Brandenburgisches Staatsorchester riuscendo a creare un’onirica e perfetta colonna sonora, a metà tra trip-hop, elettronica e classica, per una porzione del nostro recente passato. Con il progetto BeWider, credetemi, arriverete a scoprire che anche la fredda elettronica possiede un’anima. (Matteo Ceschi)
Per comprendere la copertina western e l’essenza dell’intero disco è meglio partire dalle parole usate dallo stesso cantastorie Salvo Ruolo: “Il nostro far west in verità lo abbiamo avuto. E’ successo.“Canciari patruni ‘un è libittà” (Cambiare padrone non ti dà la libertà) parla del nostro west, della nostra epopea. Di unità o malaunità. Di briganti e partigiani e di anarchici, ed anche di quel risorgimento in nome del quale si è dimenticato di dare voce ai più deboli. Da nord a sud di questa Italia senza memoria”. L’intenzione di Salvo è quindi chiara: raccontare episodi spesso dimenticati o celati persino nei libri di storia sui soprusi e sulle stragi commesse in nome dell’Unità d’Italia nei confronti delle popolazioni del Sud durante il Risorgimento. Un’operazione che ricorda quella fatta dal giornalista e scrittore Pino Aprile nel libro best seller del 2010 Terroni e che qui viene portata avanti attraverso l’uso del dialetto siciliano antico, facendo di Canciari patroni ‘un è libittà una sorta di Crueza de ma siciliana. Un album intenso, che si avvale della produzione di Cesare Basile (anche co-autore di Passannanti e musicista poliedrico) e che inizia mettendo subito le cose in chiaro nella cadenzata Malutempu, con i versi “Sti quattro malandrini du Savoia scannare picciriddi ‘nte panzi di so’ matri futtennu cosi casi e puru fimmini di chiesa” (Questi delinquenti dei Savoia ordinarono di uccidere perfino bambini nel grembo delle madri razziando cose case e donne di chiesa”.) e che si conclude con la tristissima ninna nanna Picchì brisci accussì notti, che narra di una tragica storia d’amore. Salvo Ruolo incarna a tutti gli effetti il perfetto folksinger, che racconta di leggende e storie vere di briganti, prostitute, eroi, intellettuali e artisti siciliani (lo scrittore Ignazio Buttitta e la folksinger Rosa Balistreri nel brano Buttitta e Balistrieri) fornendo all’ascoltatore un importante bagaglio storico-artistico-culturale con l’aiuto della splendida lingua siciliana, della sua voce sanguigna e dal sapiente uso da parte sua e dei musicisti di strumenti come banjo, mandolino, percussioni e slide guitar. (Katia Del Savio)
Già autore di qualche Ep e di un album cantato in inglese, il giovane romano Simone Olivieri arriva ora al primo full-length in italiano, un lavoro dal titolo inusuale (Apotheke, la farmacia, luogo di antidoti e veleni) e di buona fattura. Voce esile e soave, Simone sceglie le parole con estrema cura e apparentemente senza sforzo, mostrando un’ottima vena cantautorale nel comporre testi ricchi di sfumature e mai banali, efficaci tanto fra le luci quanto fra le ombre. Non è che un bene ormai apre il disco forse un po’ sottotono, ma Il folle e Incespico fanno fare subito il salto di qualità, livello mantenuto anche con Resina e In cauda venenum: canto sussurrato e arpeggi leggeri di chitarra, pianoforte in punta di dita, sono il sostrato che risuona dall’inizio alla fine di Apotheke, cui si vanno ad aggiungere qua e là organetti di primo Novecento, un tocco vintage dall’esito felice. L’idea unitaria di fondo è forte e si percepisce, tanto che nemmeno Appesa, che strizza l’occhio al pop più mainstream, risulta tutto sommato fuori luogo. Due i pezzi strumentali: Controra, una miniatura ben riuscita, e Tempesta, un po’ troppo legata ai cliché di genere. Settembre chiude bene un album delicato e ricco di intuizioni. (Elisa Giovanatti)