Category Archives: chitarrista

CERCANDO DI RESISTERE AI TEMPI: GIORGIO CICCARELLI TRA ROCK, ELETTRONICA E FUMETTI D’AUTORE

Negli ultimi anni hai cominciato ad esplorare con i tuoi lavori anche la musica elettronica senza, però, mai abbandonare le tue radici rock. Niente demoni e dei, uscito per La Siepe Dischi nel  2021 è certamente un buon esempio di questo connubio mai scontato. Come sei arrivato a coniugare i due mondi, quello del rock da cui provieni e quello, appunto, dell’elettronica a cui approdi?

Sono sempre stato un ascoltatore curioso della musica elettronica, ma l’ho sempre sentita distante anni luce dal mio modo di vivere la musica, di trasmetterla, non sono mai riuscito a capirla fino in fondo e mi sono nutrito di cose che in qualche modo andavano a toccare il mio di mondo, per cui ho amato il primo disco dei Suicide, i New Order e certa scena post punk, senza dimenticare gli italianissimi Weimar Gesang… Ma come musicista, compositore, non mi sono mai avvicinato a “quegli” strumenti per una sorta di timore reverenziale e non li ho mai piazzati nei miei dischi. All’alba dei 50 anni qualcosa ha iniziato a cambiare ed il merito va a due artisti che apprezzo da decenni e che mi hanno spinto a vedere l’elettronica da un altro punto di vista ed in qualche modo mi hanno incoraggiato a percorrere quel sentiero fatto di sistemi binari, sto parlando di Mark Lanegan (R.I.P.) e Nick Cave. I loro ultimi dischi mi hanno fatto capire che c’è un mondo intenso, emotivo ed emozionante dietro quegli strumenti solo apparentemente freddi. Da lì ho iniziato ad esplorare e mi si è aperto un universo diverso, fatto di Moderat, The Blaze, Justice, Chet Faker e su tutti, la mia preferita, FKA TWIGS.

Mi pare di ricordare – sono pronto a una smentita – che l’appena citato Niente demoni e dei, con la copertina di Milo Manara, non sia il primo caso che ti vede collaborare con esponenti del mondo della fumetto.

Tutto è iniziato con la mia collaborazione con Tito Faraci (sceneggiatore di fumetti tra i più importanti in Italia, scrittore di romanzi, nonché mio amico) alla realizzazione della scrittura dei testi del primo disco, Le cose cambiano, dopodiché la collaborazione si è saldata a tal punto che negli ultimi due dischi è diventato ufficialmente l’autore unico dei testi delle mie canzoni. Bazzicando il mondo del fumetto, Tito, mi ha catapultato in quell’universo per me fino ad allora popolato solo dai disegni di Andrea Pazienza, Milo Manara, Max Bunker, Magnus, Jacovitti ecc…, insomma cose un po’ datate. Non capacitandomi della mia ignoranza riguardante il “moderno” campo fumettistico, mi ci sono fiondato dentro.

Cosa la musica può ricevere dalle arti figurative e cosa, a sua volta, può restituire al mondo dei disegni e dei disegnatori?

Musica e disegni sono due mondi con parecchie cose in comune: suggeriscono, aprono finestre per fantasticare o per seguire i pensieri uno dopo l’altro. Unendoli, questo meccanismo che è intrinseco nella musica e nell’arte visiva, si potenzia e si arricchisce. La musica può ricevere dalle arti figurative una nuova dimensione visiva e narrativa, mentre il fumetto può ricevere dalla musica una dimensione sonora e emozionale supplementare.

Non mi pento con quell’attacco “assassino” – Non morirò il lunedì al mattino/anche se sembra sempre di più il mio destino Il giorno dopo l’ultimo giorno e Non basta squarciano le fantasie dell’ascoltatore all’inizio del lato B del LP. Una tripletta di intenti e ipotesi soniche che mettono alla prova i riflessi dell’ascoltatore, una vera rarità nell’attuale panorama musicale italiano. Quali suggestioni hai seguito per costruire questi tre mondi sonori?

Mi fa davvero molto piacere che ti siano piaciute, di solito, il secondo lato di un LP o, se si tratta di un CD, la quinta/sesta traccia, è il momento più critico dell’intero lavoro, si decide se andare avanti o se se ne è avuto abbastanza. La composizione della scaletta del disco ha un’importanza fondamentale, t’impegna come la realizzazione di una canzone, insomma il concepimento della scaletta di un disco è un arte… In particolare, i tre pezzi che citi sono sfaccettature di un unico intento, un intento che in realtà è l’obiettivo di tutto il lavoro. Volevamo fare un disco molto compatto, con una visione chiara e facilmente leggibile sia a livello musicale che a livello testuale, un tuffo nella decadenza new wave degli anni ’80 più scuri…

Musica e società: secondo te quale può essere oggi l’apporto concreto delle canzoni per ritrovare e risollevare una socialità quasi azzerata dall’indifferenza, dall’odio, da ritmi frenetici e, non dimentichiamolo, dal miraggio sociale dei social network? La musica, penso che tu possa condividere il mio punto di vista, è una pura esperienza di condivisione. Lo è stata nel passato, a cominciare dai Sixties con numerose protest songs e ha continuato ad esserlo nei decenni successivi.

Sono d’accordo con te, la musica può avere un ruolo importante nell’aiutare a ricostruire la socialità e a combattere l’indifferenza, l’odio e i ritmi frenetici della vita moderna. Attraverso la condivisione di esperienze ed emozioni comuni, la musica può creare un senso di comunità e connessione tra le persone. Tutti concetti e parole meravigliose, ma se non esistono i luoghi dove condividere, rimangono solo le belle parole, i bei concetti. In Italia non ci sono più i locali dove suonare! O, se ci sono, si sono ridotti a poche presenze, questo è il vero e reale problema attuale; ormai per gli artisti cosiddetti “minori” come il sottoscritto, i posti dove proporre la propria musica sono i bar, i ristoranti e via dicendo…

Tra i vari problemi che affliggono la contemporaneità sicuramente c’è la questione ambientale, una tematica che ha cominciato a interessare artisti già dal secondo dopoguerra e che continua, in varie forme, a vedere coinvolti i musicisti. Moby, tornando alla musica elettronica, è un convinto ambientalista nonché un dichiarato vegano. Qual è la tua posizione a riguardo?

Sono vegetariano dal 1990, ho svezzato i miei tre figli a suon di verdure, tofu, seytan e lenticchie, tra le proteste di nonne e pediatri. Ho una macchina a gas da anni, da prima che il green diventasse di moda e non ho MAI votato PD. Mi sembra di avere una posizione molto chiara…

Il mondo della musica e la professione del musicista come sono cambiati dopo la pandemia e il lockdown?

Il mondo della musica in cui mi muovo io è stato quasi completamente spazzato via dalla pandemia. Un po’ come per i piccoli negozi, strozzati dai lockdown prolungati, dalle grandi catene e da Amazon, anche noi “piccoli” musicisti ci siamo trovati quasi costretti a chiudere baracca e burattini… Molti dei locali dove suonavamo hanno chiuso, molti di quelli che sono rimasti aperti si sono riconvertiti puntando sul cibo e non se la sentono di rischiare una serata che non necessariamente andrà bene in termini di presenze. Oggi io suono molto più di prima in posti piccoli, piccolissimi. Potrebbe essere l’inizio di una nuova tendenza in stile americano che ci porterà ad avere in ogni bar un palco e una band o un musicista che suona? Non so, sono poco ottimista sull’umanità in genere e temo che finiremo per suonare facendo da contorno alla gente che mangia seduta ai tavoli suscitando in loro più fastidio che altro…

(Matteo Ceschi)

– Un ringraziamento speciale a Dischi Volanti per avere ospitato lo shooting fotografico –

TOUR 2023

18/2, Molo517, Schio (VI)

9/3, Cinema Sala Frau, Spoleto

10/3, Il Barroccio, Lecce

11/3 Caffè letterario, Barletta

24/3, Manhattan, Vitulazio (CS)

25/3 Caffè 24, Gioia del Colle (BA)

15/4, Drunk in Public, Morrovalle (MC)

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PULA+, FEATURING PULA, 2017

Una voce non eccessivamente roca – quel tanto da esaltare un mood destinato ad aumentare la ruvidezza della scena hip-hop nostrana – basi dal divertito sapore “casserole” e l’ambizione a spingere il rap nella “dimensione più vissuta” del blues, sono le principali skills dell’album dell’artista torinese. Con questo lavoro autoprodotto, Pula+, una volta annunciato di essere libero dalle altrui volontà – in passato, come ricordato ironicamente nel titolo del disco, tante importanti collaborazioni – può imbracciare la chitarra chiamando alla sua corte quei colleghi capaci nella sua visione artistica di sostenerlo nella non facile impresa di definirsi agli occhi degli altri: ecco allora Ezra, già collaboratore dei Casino Royale, affiancarlo per la produzione dell’album, e i due chitarristi Buzzy Lao (INRI) e Anthony Sasso (degli Anthony Laszlo) a irrobustirne l’evidente spinta live. Inutile cercare di stilare la classifica dei migliori brani della tracklist, qualunque scelta facciate il risultato sarà sempre soddisfacente. A me sono piaciute per l’impronta internazionale e la freschezza dei suoni Cerchio di fuoco e Cappello bianco. (Matteo Ceschi)

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ALDO BETTO’S SAVANA FUNK

È con particolare orgoglio che vi presentiamo il ventitreesimo numero di INDIANA MUSIC MAGAZINE dedicato ad Aldo Betto, artista e chitarrista che nella bellissima intervista qui inclusa si rivela in tutta la sua umana profondità, oltre a raccontarci alcuni dei segreti del suo ultimo, splendido lavoro, Savana Funk. Contaminazioni, migrazioni e una contemporaneità complessa e sempre più sull’orlo del baratro sono qui filtrate da una grande sensibilità artistica, che ci lascia ben sperare sulle possibilità della musica di toccare nel profondo l’animo delle persone. E ci sembra proprio questo il filo rosso che unisce anche i dischi scelti questo mese per la sezione recensioni: Cesare Basile, Giacomo Lariccia e Maxïmo Park completano infatti un numero particolarmente intenso. Come sempre il download è gratuito: cliccate sulla copertina qui sopra, buona lettura!

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MICHAEL CHAPMAN, 50, PARADISE OF BACHELORS 2017

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Dopo 50 anni passati a calcare centinaia di palchi e registrare decine di album, il leggendario cantautore e chitarrista britannico Michael Chapman dà finalmente alla luce quello che lui stesso definisce il suo “disco americano”, prodotto da Steve Gunn e suonato in compagnia di una folta schiera di amici e seguaci (lo stesso Gunn, Nathan Bowles, Bridget St John, James Elkington, Jason Meagher), contenente diverse rivisitazioni di vecchi pezzi del catalogo di Chapman e alcuni brani inediti. La ventata di autenticità che si respira non appena si comincia l’ascolto fa di questo 50 molto più di un album celebrativo: la scorza dura di chi ha ormai vissuto 76 anni di vita non è così dura da celare l’immenso amore di Chapman per la musica e le persone, la passione che lo muove in ogni sua scelta, la sincerità di un’esistenza dedicata all’arte delle sette note. Tutto questo sembra trasmettersi per osmosi ai musicisti che qui suonano con lui come se fossero da sempre una band, che lo accompagnano magistralmente in questo viaggio retrospettivo e introspettivo in cui il ruolo centrale è giocato dal tempo, protagonista – a cominciare dal titolo – nelle sue più svariate forme, dalla memoria alla nostalgia, dallo scorrere inarrestabile alla continua ridefinizione di senso che ci richiede quando riflettiamo sulla nostra vita. Voce profonda e maestosa, liriche autunnali, atmosfere crepuscolari completano un quadro di rara intensità. (Elisa Giovanatti)

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