Category Archives: music business

JESTOFUNK, CAN WE LIVE, IRMA RECORDS/REC IN PAUSE/SELF 2021-22

Un brano che ha fatto la storia della musica (non solo house) internazionale,  un brano che ancora oggi ad anni di distanza si mantiene fresco e attuale sia nella sua forma originale che nei nuovi remix. Un brano a cui tutti dovrebbero fare riferimento quando si apprestano a parlare di successi discografici.

Can We Live dei Jestofunk (con il featuring di Ce Ce Rogers) torna in vinile sugli scaffali dei negozi di dischi – una lode a quelli, numerosi, che resistono lungo tutto lo stivale – grazie alla storica Irma Records e alla Rec In Pause, l’etichetta di Francesco “Checco” Farias, uno dei membri fondatori del gruppo.

Inutile girarci intorno, Can We Live possiede quel pizzico di atmosfera dark à la John Carpenter che continua a dare all’ascoltatore un senso di thrilling che gli permette di assaporare il gusto del proibito senza correre rischi. La profondità delle basse della traccia, un tocco che ha fatto scuola in giro per il mondo negli ultimi decenni, si mantiene potente e ipnotica anche nel remix Mandrillapella, tanto da spingere l’atmosfera da club nella direzione di una liturgia laica e aggregante: il  DJ officia un rito collettivo dalle profondità della notte dispensando ai clubbers scarne ostie ritmiche. Più morbido ma non per questo conciliante, il Soul Chemistry Mix. La volontà del ritmo sia fatta! Andate e portate a casa nuove e rinnovate pulsioni! (Matteo Ceschi)

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GAZE OF LISA, SINONIMI CONTRARI, TERZO MILLENNIO REC. 2021

Sono presenti nel disco – e ciò è un bene, a mio modesto e musicale parere – gli anni Ottanta troppo spesso bistrattati e frettolosamente dimenticati. Bilancia che cita i CCCP è un’esplosione di ricordi che aiuta l’ascoltatore a ritrovare una propria profondità storica capace di tenerlo a galla nel presente. Dei tardi Eighties c’è sicuramente la spavalderia creativa ma un posto speciale in Sinonimi contrari se lo ritagliano un rock à la Bluevertigo e un’elettronica dal DNA assolutamente aggregante e a tratti visionaria (parte del merito al produttore  Valerio Gaffurini). Consci di muoversi su una costruzione sonica ben solida, i Gaze of Lisa azzardano anche escursioni in prossimità del metal con Io contro. Un esordio, quello della band di Matera, che dovrebbe lasciare tutti stupiti per come si è palesato alle nostre orecchie e che potrebbe farci riconciliare per un po’ con la Musica. (Matteo Ceschi)

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AUGUSTINE, PROSERPINE, LA CURA/I DISCHI DEL MINOLLO 2021

Appena ci si posa orecchio, si comincia a provare un attaccamento a questo disco e a nutrire per esso e per la sua autrice un affetto sincero. Proserpine, nuovo creatura di Augustine/Sara Baggini, colpisce per la sua schietta sincerità che trasporta l’ascoltatore verso un cosmo personale in delicato equilibrio tra ciò che la vita dispensa e ciò che, sotto la luce del sole, o se preferite quella riflessa della luna, la stessa vita decide di ritardare o, persino, si rifiuta di dispensare. È un gioco quotidiano con le esistenze quello intrapreso da Augustine insieme a Fabio Ripanucci e Daniele Rotella e a un pugno di altri artisti per scoprire quanta generosità si nasconda tra le note. Rispetto al precedente lavoro Grief and Desire del 2018, in Proserpine le chitarre si ritagliano uno spazio maggiore incidendo a chiare lettere il loro nome nei solchi: lo si intuisce fin dall’attacco della prima traccia Tower Stones, un creatura fantasy la cui anima sonora pare dividersi tra monolitici riferimenti a Kate Bush e slanci verso i mondi sonici bazzicati da PJ Harvey e Björk. La tetra How to Cut Your Veins Correctly prosegue il cammino spingendo Augustine verso un dark teatrale à la Tim Burton – il brano non avrebbe sfigurato nella colonna sonora di Sweeney Todd! Luce e ombre. Chiaro e scuro. La vita, però, scorre come una ninnananna verso le Good News e la conclusione di album decisamente sopra la media. (Matteo Ceschi)

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ALAN+, ANAMORFOSI, URTOVOX 2021

Recital elettrico.
Effetto sonoro (ma anche visivo, quello scelto per il titolo dagli ALAN+, Anamorfosi).
Avanti. Traccia dopo traccia.
Chiedersi quale siano i riferimenti sonori è un esercizio costante che accompagna piacevolmente l’ascolto.
Da Firenze, Tony Vivona e Alessandro Casini affrontano la contemporaneità pandemica e post-pandemica con lo spirito dei pionieri di un tardo krautrock che guarda alle malinconie e ai tormenti di Mark Lanegan. Forse in Anamorfosi potremmo addirittura sentire la lezione magistrale degli OfflagaDiscoPax e di una classica contemporanea pacata ma mai arrendevole à la Satie.
La title track con le note cadenzante suonate al piano che accompagnano le punture elettriche della chitarra di Alenssando Casini… e Tengo Traccia con quel suo spleen tutto oriental-grunge… esplodono fresche e delicatamente violente come un risveglio frizzante, di quelli che fanno rizzare i peli su tutto il copro… Fino all’ultimo respiro, viene da sospirare citando un’altra traccia, smuovendo la coscienza del giorno. (Matteo Ceschi)

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GERARDO BALESTRIERI, “ELECTRO GIPSY PANDEMIKA”, INTERBEAT 2021

Torna.
Torna e ci sorprende.
Torna.
Natura inquieta e sincretica, Gerardo Balestrieri, visionario musicista cittadino di una Metropolis senza quartieri e confini, per Electro Gipsy Pandemika, torna alle origini.
Torna a quella Germania che lo ha visto nascere nel 1971, quella stessa terra che all’elettronica ha saputo trovare un’anima grazie alle cure attente ed affettuose di Ralf Hütter e Florian Schneider.
La scelta dell’elettronica, quindi, torna! Eccome se torna!
Torna, lo si deve ammettere, tanto più che il disco esce in un periodo di diffusa e persistente tempesta elettrica sul genere umano. Elettricità – Neuroni – Sinapsi – Connessioni – Cortocircuito mediatico – Inquietudine – Ancora Elettricità…
Torna.
Così come tornano nelle dodici tracce di Electro Gipsy Pandemika tutte le esperienze migranti (e multi-culturali) di Balestrieri. Frammenti di vite in grado di abbracciare suoni elettronici, house music e tecno del Nord con lo scanzonato piglio del Mediterraneo. Tornano, manco a farlo apposta, Anti Social Network e Paracetamolo.
Torna qua e là il fascino irresistibile del French Touch (Les Escargots). Ma anche quello mai sopito per l’Oriente e le sua irresistibili sirene (Patanjali).
Lui Gerardo Balestrieri… torna e… (ri)torna… per stemperare solitudini e malinconie e restituire all’ascoltatore un senso di (ri)trono alla vita che si prefigura già come un assaggio esagerato del domani. (Matteo Ceschi)

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TANTA VOGLIA DI RICOMINCIARE: QUATTRO CHIACCHIERE SUL PRESENTE E SUL FUTURO DELLA MUSICA CON I VAN DAMMES

Van Dammes 3

Cominciamo la nostra chiacchierata dal vostro ultimo singolo, Tax Free World: nel brano si può ascoltare un mix perfetto di energia punk classica e melodia pop-core tipiche della scena californiana di fine degli anni Novanta. Mi sono perso qualcosa lungo la strada?

MARKUS KUJAWA: Come darti torto! Ho ascoltato molto i primi album di Weezer. Penso che le nostre melodie pop-core groove provengano proprio da quel gruppo e dalla scena californiana. Ad un certo punto ci siamo chiesti se le nostre canzoni fossero troppo brevi e veloci perché il pubblico potesse veramente memorizzarle ed apprezzarle. Con il nuovo singolo abbiamo in un certo senso lavorato per facilitare l’ascolto, speriamo di esserci riusciti.

Puoi raccontarci qualcosa del video del nuovo singolo?

Buona parte del video, le parti principali, per intenderci, sono state girate a Bruxelles non lontano dal quartiere dove vivo. Juho, il nostro guitar hero, è venuto a trovarmi da Helsinki e abbiamo deciso di girare senza impegno qualcosa un venerdì sera. Siamo andati in una specie di “liceo rock”, una scuola di musica, per chiedere in prestito una chitarra. Non sono sicuro se i ragazzi dell’istituto avessero in mente che la storia sarebbe poi finita sulla pagine di una rivista di musica italiana. Nel video, ci sono anche alcuni filmati del campo estivo organizzato dalla nostra etichetta discografica a Playa del Inglés nelle Isole Canarie.

 

Che feedback avete avuto e continuate a ricevere per il vostro album Risky Business?

Inutile dire che la risonanza che il disco ha avuto in giro per i circuiti punk non mainstream, nel giro del punk alternativo, nel circuito dei live negli atenei e sulle radio dedicate al punk ci ha reso felici e orgogliosi. Questo significa molto per noi. Anche con il tour live le cose sono andate molto bene: l’anno scorso abbiamo visitato molti paesi europei. Quest’anno, purtroppo, la pandemia ha incasinato non poco i nostri piani.

Che ricordi avete dei primi giorni del lockdown causato dalla pandemia di covid-19? Sono stati dei giorni davvero strani, per usare un eufemismo.

In effetti l’intera primavera è stata davvero molto strana. Personalmente mi sono comunque divertito almeno nei primi giorni e nelle prime settimane perché normalmente non ho la possibilità di spassarmela così tanto a casa in relax. Tuttavia è stato proprio nei primi giorni del lockdown che ci siamo resi conto che avremmo dovuto annullare e posticipare le nostre nuove session di registrazione in studio.

Ritieni che la musica abbia giocato una sua parte nel mantenere la normalità nella vita delle persone? Per farla breve, la musica ha fornito un antidoto (quantomeno temporaneo) contro il covid-19?

Spero proprio che ci sia riuscita. Io ho ascoltato un sacco di radio, in particolare un’emittente che trasmetteva delle ottime cose degli anni ’80, un passatempo, lo ammetto, a cui normalmente non mi dedicato troppo. All’inizio ho persino provato ad unirmi ad alcuni “concerti//jam” in streaming, ma non l’ho trovato un’esperienza gratificante. Questa è l’idea che i sono fatto, ciò non toglie che, invece, altri ne abbiano tratto buone sensazioni.

La pandemia ha sicuramente scombussolato e stravolto il mondo della musica con tour e shows cancellati. Come si ripartirà da questa stop epocale?

Ci vorrebbe il nostro booking agent e la nostra casa discografica per rispondere a questa domanda. Per loro, in particolare i promoter, non è stata e non è tuttora una situazione facile, lo stesso vale per gli organizzatori di eventi. Ad esempio quelli dell’IF Festisval ci hanno confermato l’ingaggio per l’edizione della prossima estate, ammesso che la kermesse nel 2021 esista ancora… Sinceramente spero che i vari governi nazionali siano in grado di sostenere l’intero campo della cultura, ma sarà difficile perché in molti paesi ci sono sicuramente altre priorità oltre alla musica e al punk rock.

Ritengo che la musica per vivere abbia bisogno della dimensione live e la parentesi del web da sola non possa sostenere debitamente le necessità dell’ambiente. Cosa pensi a tale riguardo?

Condivido pienamente. Mi manca la sensazione del basso che vibra e si diffonde in tutto il tuo corpo. E il sudore. Un’esperienza on-line o concerti drive-in sono completamente diversi rispetto agli eventi dal vivo “reali”, quelli tradizionali, per intenderci. È stato comunque bello vedere quanta creatività e innovazioni le persone hanno messo in campo per sostenere e mantenere viva la cultura. Tuttavia, non vedo l’ora di suonare per un pubblico dal vivo non appena la situazione sarà sicura e ci consentirà di farlo.

(Matteo Ceschi)

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JACKSON BROWNE, A LITTLE SOON TO SAY/DOWNHILL FROM EVERYWHERE, INSIDE RECORDINGS 2020

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Costretto ad un inevitabile stop a causa della pandemia di covi-19 che lo ha toccato personalmente, Jackson Browne, il padre dei MUSE (Musicians United for Safe Energy) e dei concerti NO NUKES, si appresta a dare alle stampe un singolo che anticipa l’album previsto per il 2021. Sia sul lato A che sul lato B compaiono canzoni che guardano ancora una volta con interesse e ed evidente preoccupazione all’ambiente e alla sua salvaguardia. In particolare Downhill from Everywhere, pubblicato on-line in concomitanza con il recente Earth Day a seguito di A Litlle Soon to Say, suona come un potente grido di allarme contro l’inquinamento da plastica, tematica urgente e quanto mai attuale. La canzone è stata inserita nella soundtrack del documentario ecologista di Deia Schlosberg, The Story of Plastic, andato in onda su Discovery Channel proprio il 22 aprile in concomitanza con la Giornata Mondiale della Terra. Rock ballad che non si discosta dalla tradizione browneana, Downhill from Everywhere mostra ancora una volta tutta la potenza e l’indipendenza creativa del suo autore e al contempo ci ricorda gli obblighi e i doveri che legano ciascuno di noi al pianeta che ci ospita. Un’uscita discografica militante e al passo con i tempi che guarda al presente senza distogliere lo sguardo e le note dal futuro! (Matteo Ceschi)

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CHI NON SI ANNOIA SOPRAVVIVE… GRAZIE ALLA MUSICA

Stahlwerk

Se in un momento difficile per l’umanità intera John McLaughlin ha donato generosamente agli ascoltatori la sua nuova fatica Is That So? per aiutare le persone a resistere a serrate e quarantene, sono numerosi i giovani colleghi che continuano a produrre musica nuova e a distribuirla sugli ormai consueti canali digitali. È il caso degli Stahlwerk, trio jazz elvetico formato dal pianista Dominic Stahl, dal bassista Francesco Rezzonico e dal batterista Tobias Schmid, che con l’omonimo album (Hout Records/Radio SFR2) abbracciano il silenzio di questi giorni regalando un lavoro solido, poetico e magistralmente registrato e mixato. Il più grande merito degli Stahlwerk è, infatti, essere riusciti a ricreare su disco, con l’aiuto di Andy Neresheimer, l’atmosfera di genuina complicità dello studio con tutte le sfumature e i colori dei suoni. E sono propio queste nuances a rendere le dodici tracce che compongono i quattro movimenti un assoluto momento di evasione. Jazz, classica e contemporanea sono un’unica cosa per queste ragazzi di grande talento. Alessandro Zannier in arte Ottodix, ritorna invece con Entanglement (Discipline Records) un lavoro che vuole esplorare a 360° il mondo che ci circonda: a cominciare dagli invisibili principi fisici che governano le vite di ogni essere vivente sul Pianeta per finire a con le gesta di personaggi storici come Cristoforo Colombo e Gengis Khan. Il brano ispirato ispirato al grande condottiero mongolo, il migliore momento dell’intera tracklist, suona molto à la Garbo ed apre finestre sulla globalizzazione e ricorda l’importanza delle istanze ecologiste. Nel mondo di oggi connesso (nel bene e nel male) e uploadato, l’artista, molto più di una divinità qualunque, ha ancora qualcosa da dire alla sua gente. (Matteo Ceschi)

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TAXIWARS: SOPRAVVIVERE AGLI ANNI NOVANTA

Giusto in tempo per gli auguri di Buone Feste arriviamo con il numero 32 di INDIANA MUSIC MAGAZINE, dove raccogliamo alcuni buoni consigli di fine anno e soprattutto incontriamo in una bella intervista i TaxiWars, interessantissima formazione che propone – come nel recentissimo Artificial Horizon – un mix straordinario di free jazz, funk, hip-hop e post-punk. Chiudiamo dunque in bellezza il 2019! Un semplice click sulla copertina qui sopra, e buona lettura!

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HANDSHAKE, AN ICE CREAM MAN ON THE MOON, URTOVOX 2020

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Giovani. Toscani, per l’esattezza fiorentini. E pazzi per i Pink Floyd. Così potrebbero scrivere sul biglietto da visita gli Handshake. Il trio formato da Giulio Vannuzzi, Lorenzo Burgio, Tommaso Giuliani sorprende sia per la naturalezza con cui si inserisce nella galassia del rock psichedelico sia per l’evidente voglia di aggiungere la propria visione ad una storia sonora ben radicata nell’immaginario collettivo e ricca di estimatori. Il lavoro è prodotto molto bene da Samuele Cangi e lo si sente fin dall’ascolto del singolo bold//brash finito nei radar della BBC Radio London: non ci sono “eccessi da studio” e tutto suona come dovrebbe suonare. La migliore qualità di An Ice Cream Man on the Moon è la compostezza sonora capace di contenere le sfumature creative del credo psichedelico senza mai scadere nella sterile esaltazione del genere – una conferma viene da Promises, traccia accattivante con le sue atmosfere oniriche stile Kula Shaker. Unica nota dolente la copertina dell’album: anti-estetica e lontana anni luce dalle accattivanti grafiche che hanno accompagnato l’epopea psych. (Matteo Ceschi)

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