Category Archives: new wave

LO-FI POETRY, LO-FI POETRY, 2015

Lo-fi Poetry

Affidano a un EP le loro emozioni, i vicentini Lo-fi Poetry riuscendo nell’intento – non facile, ammettiamolo – di attirare le orecchie della critica. I diretti interessati definiscono la loro musica “poesia a bassa fedeltà”, un’espressione sintetica (come, d’altronde, certi suoni dei Lo-fi Poetry) che pare in grado di spingere l’acquirente disilluso oltre la semplice curiosità alla ricerca di un nucleo sonoro che abbia per lui un senso. Sospesi tra un post-grunge intriso di marginalità e un elettronica che non disconosce la profondità esistenzialista della new wave, i Lo-fi Poetry danno voce alle timide e sparute ambizioni di una contemporaneità schiacciata dall’omologazione e impaurita da ciò che appare e ed è evidentemente diverso. Omossessulità e Ho conosciuto Rimbaud, due biglietti premio per guardare al di là del proprio io e cominciare ad apprezzare l’altro. (Matteo Ceschi)

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THE YELLOW TRAFFIC LIGHT, TO FADE AT DUSK, WE WERE NEVER BEEN BORING 2015

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Secondo Ep per i torinesi The Yellow Traffic Light, uscito per il collettivo We Were Never Been BoringTo Fade At Dusk regala un’interessante commistione di sogni psichedelici anni ’60 e shoegaze anni ’90. Molto curate le parti strumentali, con le chitarre molto riverberate a costruire scenari psichedelici su ritmiche decisamente post-punk, su cui si inserisce con buone melodie la voce di Jacopo Lanotte, sfacciata quanto basta. Unica eccezione in scaletta è Burger Shot, che per raccontare una storia di emarginazione razziale, alienazione e sconfitta adotta un sound duro e sporco. Più puliti, anche se non immuni da nervosismi, gli altri tre pezzi, a partire dall’iniziale e travolgente Hideaway fino alla lunga cavalcata Fall, che chiude in sfumato 20 ottimi minuti che ci fanno sperare di ritrovare presto all’opera il quartetto. Ma l’episodio più riuscito è forse il singolo Cole Drives Too Fast, che assimila alla perfezione i modelli anglosassoni e li restituisce in una prova di sicura qualità. (Elisa Giovanatti)

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ARTISTI INDIE INSIEME PER IL NEPAL

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Oltre 60 artisti indipendenti dei più svariati Paesi e generi (in prevalenza shoegaze, new wave e rock), su iniziativa della statunitense Patetico Recordings, hanno unito le proprie forze per raccogliere fondi da destinare ai terremotati del Nepal: è nata così la compilation in 3 volumi Rock Back For Nepal, che gode del supporto di alcuni nomi di culto della scena indipendente shoegaze e rock, fra cui Dean Garcia (Curve, SPC ECO), Oliver Ackermann (A Place To Bury Strangers, Skywave), Alexx Kretov (Ummagma), Mark Joy (Lights That Change). Disponibile in Cd e digitale su Bandcamp e Amazon, la compilation vede anche la partecipazione di alcuni artisti italiani: Clustersun, Airrang, Stella Diana, Human Colonies, Novanta, Un-Reason.

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WHITE BIRCHES, DARK WATERS, BIRDS WILL SONG FOR YOU 2015

White Birches

L’opera nata dall’incontro tra Jenny Gabrielsson Mare e Fredrik Jonasson vi si appiccicherà morbosamente addosso. Che la Svezia sia una fucina di talenti in pochi ormai lo ignorano, ma, nonostante ciò, ancora in molti ancora si attardano alla sua scoperta. Nel panorama dell’elettronica più sofisticata in pochi erano riusciti finora ad iniettare in profondità le laceranti proposte della noise e dell’industrial music. Sebbene rimanga percepibile durante tutto l’ascolto un’impronta tipicamente Eighties, quella inconfondibile della prima metà del decennio, Dark Waters spinge le sue lame oscure a fondo nel futuro ampliando ulteriormente il vocabolario della musica elettronica. Le radici dei White Birches sono forti e in salute – i Depeche Mode fluiscono nei Kraftwerk e viceversa – e questo permette loro di scegliere di volta in volta la strada sonora più congeniale da percorrere: Here It Comes parte in sordina per poi esplodere in una trama ritmica à la Radio GaGa; Thousand Yard Stare, invece, accarezza atmosfere più morbide ma non per questo immuni al fascino della notte. Sarebbe un vero peccato se un lavoro simile non circolasse nel nostro paese. (Matteo Ceschi)

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NON, SACRA MASSA, GARAGE RECORDS/EL-SOP 2014

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Se avete ancora nostalgia dell’estate questo disco non fa per voi. Con Sacra massa siamo nel pieno dell’inverno, l’inverno dell’anima. Fin dal nome che si sono scelti, i NoN, trio toscano composto da Andrea Zingoni (voce e chitarra), Massimo Leggieri (basso) e Alvaro Buzzegoli (batteria e voce), ognuno dei quali già attivo da anni con diverse formazioni, mettono le carte in tavola: nessuna speranza per l’umanità. Le sei tracce di Sacra massa sviluppano questo concetto attraverso un rock cupo, ipnotico e dilatato, che a tratti ricorda il gruppo norvegese, ormai ahimé sciolto, Madrugada. Ma mentre la band nordica usava il languore delle chitarre principalmente per strazi amorosi, i quali qui compaiono solo nella cavalcata new-wave Peccato, ai NoN serve soprattutto per farci capire che è arrivata La fine del mondo, che “eravamo già morti perché da terra non vedevamo la paura degli altri”- come recita il killer dell’incalzante La farfalla sul mirino – e per raccontare, con uno stile alla Giovanni Lindo Ferretti, di una “notte passata a fare a botte” (Un’altra notte), o di un tizio che attraversa la strada con in mano una pistola: vicenda descritta con un efficace stile cinematografico nella conclusiva, industriale, L’uomo che sarà. Benvenuti nel catramoso inferno dei NoN! (Katia Del Savio)

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SUPER APES, EATING BRAINS, 2014

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Italiani di nascita e londinesi d’adozione, i Super Apes riescono nell’ardua impresa di emergere dalla scena musicale della capitale britannica portando avanti con rara verve un mix esplosivo di idee e sperimentazioni. Nella musica e nei testi di sole quattro tracce concentrano una carica sovversiva sufficiente a riempire una vita intera, e se nei suoni l’ispirazione spazia dal dub al post-punk, passando per elettronica e new wave, nei testi la fantasia si lascia trasportare da inquietanti esperimenti scientifici (Fish & Chimps), fatti di cronaca bizzarra dal retrogusto sinistro (Rise Of the Mutant Rats), personaggi stravaganti (Mullet Man) e teorie evoluzionistiche pseudo scientifiche, mutuate da Gerald Casale dei Devo (Church of Apes). Il gusto per la provocazione non manca, e la via sperimentale è l’unica possibilità di trasformare in suono una tale miscela. (Elisa Giovanatti)

 

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