Category Archives: recensioni

HOLBROOK, ALIENS, 2023

Anticipato dal video dalle atmosfere a tratti allucinate e post-realiste di Nari Nari, brano che sembra strizzare l’occhio da una parte a Damon Albarn e dall’altro ai classici dei Depeche Mode, esce il nuovo EP dei francesi Holbrook.
Quattro brani per ribadire nel mondo post-pandemico che c’è ancora molto bisogno di musica e occasioni di incontro. Lontani dalla polvere del tempo capace solo di incattivire le persone al bistrot, il trio di multi-strumentisti parigini si agita tra un post-punk morbido e sapienti escursioni indie rock spingendo lo sguardo curioso dell’arte verso gli spazi in ombra della contemporaneità. Borders e Fantasy, il più interessante momento del lavoro con i suoi passaggi narrativi-ritmici, esplicano al meglio questa volontà di abbandonare convenzioni e mode e di suonare sinceramente e decisamente pop(ular). Lo sguardo acuto degli Holbrook è al tempo stesso umano e alieno – ecco una possibile spiegazione del titolo – nella speranza di recuperare e rivalutare quello che nel frattempo è sfuggito per noia e disattenzione alle persone. La già citata alternanza di mood ritmici e la “veste canora” camaleontica di Ali Chafik segnano il successo di un lavoro che non mostra mai segni di stanchezza, anzi, si presenta come un incentivo alla creatività per tutti quelli che si mettessero all’ascolto o volessero salire su un palco per fare musica. (Matteo Ceschi)

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OUT OF THE BLUE, PIRATE QUEENS, LOWCOOST RECORDS

Elizabeth Swann, Carina Barbossa, Angelica Teach, Anamaria… Non solo Jack Sparrow, quindi. Se nella fortunata serie hollywoodiana Pirati dei Caraibi, la presenza femminile svolge un ruolo importante nella narrazione, ancor di più lo è nell’album d’esordio degli Out of the Blue intitolato Pirate Queens. Il disco nato da un’idea del polistumentista, compositore, produttore e arrangiatore Giovanni Pollastri e della cantante newyorkese (trapianta in Italia) Annie Saltzman Pini, infatti, esplora in musica le gesta e le scorribande di famose donne pirata. Abbracciata la via degli oceani e quella di una vita fuori legge, le signore cantate da Giovanni e Annie spiccano – a cominciare dall’irlandese Anne Bonny, protagonista dell’omonimo singolo – per le loro vulcaniche personalità e nulla invidiano ai colleghi maschi che terrorizzavano i mari. Anne Bonny, la open track, una sorta di biglietto da vista per il duo, accoglie l’ascoltatore con reminiscenze irish imponendosi con il suo “fluttuante” e a tratti epico folk rock. Lady Mary Killgrew, dedicata alla “piratessa” inglese del XVI secolo, invece, sembra volere fare incontrare in mezzo al Mare dei Sargassi Suzanne Vega e Patti Smith. Sadie Farrell – al momento nessuna parentela risulta con il cantante dei Jane’s Addiction – è il brano che, per i suoi “spruzzi” di blues psichedelico, potrebbe essere perfetto per il prossimo episodio di Pirati die Caraibi. A Hollywood c’è qualcuno in ascolto? Nel complesso, il lavoro di Giovanni Pollastri e Annie Saltzman Pini suona arrembante e coraggioso in ogni suo momento. A chi si mette all’ascolto non resta che capire se, tra le tracce di Pirate Queens, siano nascosti indizi per l’isola del tesoro. (Matteo Ceschi)

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CRISTIANO GODANO, MI ERO PERSO IL CUORE, ALA BIANCA 2020

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I fan più sfegatati dei Marlene Kuntz troveranno poco del loro gruppo preferito. Dopo trent’anni Cristiano Godano ha voluto fare tutto da solo, o quasi, realizzando il primo disco a suo nome. Qui il suono è quasi totalmente acustico, scarno, per far emergere con forza il suo io, quello più fragile, più vulnerabile. In Mi ero perso il cuore Godano è in continua lotta fra “ragione e sentimento”, fra i fantasmi della mente e la leggerezza del cuore, fra depressione e paura e la voglia di amare. I tredici brani di questo album, che sembra essere stato scritto durante il lockdown, ma che in realtà è stato registrato circa un anno fa, sono stati realizzati in questo stile “fuori dal tempo” grazie al contributo alla produzione degli amici di vecchia data Gianni Maroccolo e Luca A. Rossi. I due  musicisti hanno anche suonato, insieme a Simone Filippi, l’interro disco, accompagnando Cristiano in questo suo viaggio inedito. Un paio di canzoni hanno addirittura un’impronta country-folk. Chi l’avrebbe mai detto? Si tratta di Com’è possibile, secondo singolo dell’album in cui il cantautore si appoggia a Bob Dylan per dire “La risposta è lassù e soffia nell’aria”. Nella parte finale del video Godano inserisce un omaggio a George Floyd comparendo con la scritta “I can’t breathe”. L’altro è il conclusivo Ma il cuore batte. L’album contiene anche due brani più rock, Lamento del depresso e Panico, ma io mi soffermo su Dietro le parole, ballata acustica di una sincerità disarmante: l’artista dice di sentirsi nudo, debole senza le sue parole e lo fa con un canto acuto e flebile che non si dimentica. Ottimo debutto per un signore che, piaccia o non piaccia, ha fatto la storia del rock italiano degli ultimi trent’anni. (Katia Del Savio)

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CHI NON SI ANNOIA SOPRAVVIVE… GRAZIE ALLA MUSICA

Stahlwerk

Se in un momento difficile per l’umanità intera John McLaughlin ha donato generosamente agli ascoltatori la sua nuova fatica Is That So? per aiutare le persone a resistere a serrate e quarantene, sono numerosi i giovani colleghi che continuano a produrre musica nuova e a distribuirla sugli ormai consueti canali digitali. È il caso degli Stahlwerk, trio jazz elvetico formato dal pianista Dominic Stahl, dal bassista Francesco Rezzonico e dal batterista Tobias Schmid, che con l’omonimo album (Hout Records/Radio SFR2) abbracciano il silenzio di questi giorni regalando un lavoro solido, poetico e magistralmente registrato e mixato. Il più grande merito degli Stahlwerk è, infatti, essere riusciti a ricreare su disco, con l’aiuto di Andy Neresheimer, l’atmosfera di genuina complicità dello studio con tutte le sfumature e i colori dei suoni. E sono propio queste nuances a rendere le dodici tracce che compongono i quattro movimenti un assoluto momento di evasione. Jazz, classica e contemporanea sono un’unica cosa per queste ragazzi di grande talento. Alessandro Zannier in arte Ottodix, ritorna invece con Entanglement (Discipline Records) un lavoro che vuole esplorare a 360° il mondo che ci circonda: a cominciare dagli invisibili principi fisici che governano le vite di ogni essere vivente sul Pianeta per finire a con le gesta di personaggi storici come Cristoforo Colombo e Gengis Khan. Il brano ispirato ispirato al grande condottiero mongolo, il migliore momento dell’intera tracklist, suona molto à la Garbo ed apre finestre sulla globalizzazione e ricorda l’importanza delle istanze ecologiste. Nel mondo di oggi connesso (nel bene e nel male) e uploadato, l’artista, molto più di una divinità qualunque, ha ancora qualcosa da dire alla sua gente. (Matteo Ceschi)

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TAXIWARS: SOPRAVVIVERE AGLI ANNI NOVANTA

Giusto in tempo per gli auguri di Buone Feste arriviamo con il numero 32 di INDIANA MUSIC MAGAZINE, dove raccogliamo alcuni buoni consigli di fine anno e soprattutto incontriamo in una bella intervista i TaxiWars, interessantissima formazione che propone – come nel recentissimo Artificial Horizon – un mix straordinario di free jazz, funk, hip-hop e post-punk. Chiudiamo dunque in bellezza il 2019! Un semplice click sulla copertina qui sopra, e buona lettura!

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HANDSHAKE, AN ICE CREAM MAN ON THE MOON, URTOVOX 2020

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Giovani. Toscani, per l’esattezza fiorentini. E pazzi per i Pink Floyd. Così potrebbero scrivere sul biglietto da visita gli Handshake. Il trio formato da Giulio Vannuzzi, Lorenzo Burgio, Tommaso Giuliani sorprende sia per la naturalezza con cui si inserisce nella galassia del rock psichedelico sia per l’evidente voglia di aggiungere la propria visione ad una storia sonora ben radicata nell’immaginario collettivo e ricca di estimatori. Il lavoro è prodotto molto bene da Samuele Cangi e lo si sente fin dall’ascolto del singolo bold//brash finito nei radar della BBC Radio London: non ci sono “eccessi da studio” e tutto suona come dovrebbe suonare. La migliore qualità di An Ice Cream Man on the Moon è la compostezza sonora capace di contenere le sfumature creative del credo psichedelico senza mai scadere nella sterile esaltazione del genere – una conferma viene da Promises, traccia accattivante con le sue atmosfere oniriche stile Kula Shaker. Unica nota dolente la copertina dell’album: anti-estetica e lontana anni luce dalle accattivanti grafiche che hanno accompagnato l’epopea psych. (Matteo Ceschi)

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VALERIA VALERIANO: DECLINARE IL RITMO DEL BLUES AL FEMMINILE

Eccoci ritornati, giunti ormai al numero 31 di INDIANA MUSIC MAGAZINE, per il quale ringraziamo la protagonista indiscussa, Valeria Valeriano: nella bella intervista qui raccolta Valeria ci fa conoscere la sua attività di bassista blues-rock e di produttrice, svariando tra modelli di riferimento, attività live e in studio, progetti e molto altro. Vi offriamo poi una selezione di recensioni di produzioni indie italiane e internazionali, da Kishi Bashi a Libero, dai Northwest a Saffelli, e qualche altro consiglio sul finale. Buona lettura quindi, basta cliccare sulla copertina!

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SE IL MONDO FOSSE INDIE…

NANO

… Ci sarebbe sicuramente meno omologazione sonora. Forse un’osservazione scontata, ma pur sempre da ribadire in un mondo appiattito sulle impellenti esigenze dei format televisivi. Intendiamoci, i grandi nomi da cui trarre ispirazione sono sempre quelli ma un artista libero dall’assillo dello share e dei like sui social è decisamente più indipendente e libero di sviluppare il proprio gusto. N.A.N.O., all’anagrafe Emanuele Lapiana, membro fondatore dei C.O.D., guarda con uguale affetto a Franco Battiato e ai Tiromancino per realizzare con Bionda e Disperata (FiabaMusic/SELF) la sua visione artistica del mondo. Quattordici brani delicati e ben pensati che lasciano nell’ascoltatore non tanto l’agrodolce gusto del déjà vu, bensì la speranza che, infine, qualcosa nel music business sia ancora vivo e non condizionabile. L’esempio del cammino artistico di Lapiana è Giga, un brano che fa pulsare tutta l’italica creatività pur non tralasciando l’esotismo di un’esterofilia che punta direttamente al nord dell’Europa. Alle esperienza extraeuropee, in particolare a una fusion in stile Carlos Santana, guarda con convinzione ed intenzione Larry Manteca con il suo Zombie Mandingo 2. Il risultato è sorprendentemente funky & cinematografico e accresce nell’ascoltatore il desiderio di vedere i suoni accompagnati dalle immagini. Insomma, lasciate che ve lo ripeta per l’ennesima volta: BE INDIE, BE FREE! (Matteo Ceschi)

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PILLOLE INDIANE, TRE DISCHI DA ASCOLTARE

Cover OSSITOCINA 3000X3000

SAFFELLI – OSSITOCINA – OYEZ 2019

Nell’infinito elenco di nuovi cantautori, ormai definiti semplicemente “indie”, che si stanno affacciando sul mercato discografico negli ultimi anni, il nome Saffelli merita una pennellata di evidenziatore. Dopo aver prodotto alcuni singoli, è uscito ora con un ep composto da quattro brani intitolato Ossitocina. Il suo elettro-pop è fresco e mescola immagini quotidiane, perlopiù ambientate nella sua Milano. Così il titolo Alaska non deve ingannare, parla di “viale” Padova, di droga, di master inutili, di paprika e della nebbia che non c’è più. In Amore miope l’inciso spinge di più sulla trap ed entra a pieno nel mondo degli amori giovanili in cui la realtà, levata la patina finta delle foto su Instagram, può risultare deludente. La notte milanese multietnica fatta di tangenziali, insegne, mezzi pubblici che attraversano la città e sogni per il giorno dopo è la protagonista di Fastfood. Il brano più debole dell’EP è quello di chiusura, Una vita e 4 giorni, qui la storia e le immagini utilizzate sembrano poco centrate. Interessante il fatto che il nome produttore del disco, Polezky, sia scritto sulla copertina accanto all’interprete.

 

Vertigini EP - copertina

LUANA CORINO – VERTIGINI – RED MUSIC 2019

Rap, soul e r’n’b sono gli ingredienti principali di Vertigini, l’ep di Luana Corino, ragazza veneta che prima si faceva chiamare LaMiss. La cosa che colpisce subito, oltre alla rotondità della voce di Luana, è l’ottima fusione di queste sonorità black con la lingua italiana, impresa non facile . L’ep contiene cinque tracce, ognuna che rappresenta una donna con età e storie diverse. Interessante poi scoprire che regia e scenografia del video di Non ti piacevo abbastanza sono state curate dall’artista stessa. Senza scimmiottare i suoi colleghi maschi, Luana si muove bene in un ambito musicale solitamente poco femminile rendendolo invece molto femminile. Una ragazza da tenere d’occhio.

DaBomb

 

 

THE HIGH JACKERS – DA BOMB – MUSIC FORCE/TOKS 2019

Tutti i colori della black music sono inseriti nel godibile primo lavoro degli udinesi The High Jackers, tredici elementi che formano una big band di tutto rispetto, capitanati dal cantante, bassista autore e produttore di tutti i brani Stefano Toboga. La voce calda, nera e avvolgente di Stefano si amalgama bene con il funky di If I don’t have you, Everybody’s burning (qui le simpatie per i Red Hot Chili Peppers sono evidenti) e You made me mad (invece qui siamo più dalle parti di Curtis Mayfield), ma anche con il rock morbido di Going crazy (dove emerge una piacevole somiglianza con il timbro di Ben Harper), con il rock-blues di Stunned and diz, nel delicato soul (stile Stax) di Hush now, ma anche nel rock “scomposto” di Live it, nella jazzy The wrong side of the street, nella semi-rappata This is the sound e così via. Da bomb è un disco con una produzione molto ben fatta, suonato da ottimi musicisti, che dal vivo spaccheranno di sicuro. (Katia Del Savio)

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TRE PER UNO FA TRE

 

Van Dammes

I finlandesi Van Dammes i lettori di Indiana li conoscono bene, ma ciò non mi impedisce di segnalare in questo breve bollettino sonoro il loro nuovissimo Risky Business, EP pubblicato nei primi mesi del 2019 dalla tedesca Rockstar Records. I quattro rockers finnici proseguono ad esplorare gli interstizi sonori che emergono qua e là tra il garage e il punk. I Ramones rimangono sicuramente i numi tutelari della band ma l’incedere sferragliante di I don’t Like Music Anymore e delle altre tracce lascerebbe intuire un progressivo scivolamento verso atmosfere party à la Animal House. Qualunque strada prenderanno, i Van Dammes rimarranno tra i miei favoriti! Dall’incontro della cantante madrilena Marta Tai e del chitarrista romano Vincenzo Tancorre nasce il duo elettro-acustico dei Taiacore. Raminghi per l’Europa con il loro recente secondo album Freedom, il duo sarà in Italia nella seconda metà di marzo per tre tappe: la giusta occasione per saggiare il loro approccio eclettico alla musica e valutare di persona il tocco leggero ma al tempo stesso avvolgente di brani capaci di riproporre in chiave contemporanea (un po’ in stile Daft Punk) certe geniali intuizioni degli anni Ottanta. Insieme in nome di una musica che non riconosce i confini tracciati dall’uomo (i tre componenti provengono rispettivamente da Germania, Cile e USA) i St. Beaufort ricordano per l’approccio asciutto e diretto dei brani l’affiatamento della Incredible String Band; la spiccata verve narrativa, invece, spinge a guardare maggiormente a Donovan e alla poesia vellutata di Cat Stevens. Non mi credete? Andate ad ascoltarvi di gran volata Hidden Force e gli altri brani di Trail & Guns (Blue Whale Records 2018) oppure cercateli in giro per lo stivale, marzo è il loro mese! (Matteo Ceschi)

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