Tag Archives: ambient music

PAOLO TARSI, FURNITURE MUSIC FOR NEW PRIMITIVES, CRAMPS/RARA RECORDS 2015

Paolo Tarsi - Furniture music for new primitives (cover)

Per gli amanti di avant pop e musica contemporanea segnaliamo oggi l’ultimo lavoro di Paolo Tarsi, compositore, organista e pianista, collaboratore di artisti quali Tullio Pericoli e Marco Tirelli, compositore di musiche per mostre di Paolo Cotani, Mario Giacomelli, Andy Warhol, autore di performance e installazioni per gallerie e musei d’arte contemporanea, allievo di Luis Bacalov negli studi di composizione di colonne sonore per il cinema. È tuttavia il rapporto con la narrazione scritta quello che Tarsi indaga in questo Furniture Music For New Primitives, uscito per la collana POPtraits Contemporary Music Collection di Cramps Music e l’etichetta Rara Records e ispirato al romanzo Le città della notte rossa (1981) di William S. Borroughs: un testo che qui è punto di riferimento soprattutto sul piano formale, con i brani di Tarsi a restituire a loro modo la scrittura sperimentale dello scrittore Beat, lo sfondo cupo delle tematiche più esistenziali, il senso di alienazione e le scorribande oniriche. Il tutto con un lavoro molto fine di scambi e influenze fra avanguardie colte e linguaggi pop. Lunghissima la lista di collaboratori, dal quartetto Junkfood a Paolo Tofani (Area), da Enrico Gabrielli (Calibro 35, ex Afterhours) a Sebastiano De Gennaro (Baustelle, Le Luci Della Centrale Elettrica), solo per fare alcuni nomi. (Elisa Giovanatti)

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LUCA OLIVIERI, LA SAGGEZZA DELLE NUVOLE, AG PROD. 2015

Disco strumentale con due inserti vocali, l’ultima, la terza, per l’esattezza, fatica di Luca Olivieri gode di un respiro profondo e cosmopolita sebbene rimanga evidente e forte tutta la sua matrice nostrana. Definire “ambient” le nove tracce sarebbe davvero riduttivo nella misura in cui a sorprendere di più nel corso dell’ascolto non è la sola atmosfera piuttosto un mosaico di trame melodiche e ritmiche, inserite alla perfezione tra l’elettronica e la classica, che richiamano al dinamismo del cinema e non a un mero esercizio di maniera. Olivieri, accompagnato da collaboratori del calibro del trombettista Giorgio Li Calzi e Cesare Malfatti, giusto per nominarne due più noti al pubblico, non solo svela la sua ambizione di volere dare un’inquadratura e un volto alla musica che sta suonando ma ammette in tutta franchezza sonora l’incapacità di resistere al fascino delle sue stesse creazioni. La saggezza delle nuvole vi accompagnerà in un viaggio senza ritorno verso una nuova ed inedita dimensione del suono e della parola. (Matteo Ceschi)

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PAOLO SPACCAMONTI, RUMORS, SANTERIA/ESCAPE FROM TODAY 2015

spaccamonti copertina CD

Più della delicatezza malinconica – pur molto presente in vari brani del disco – è il lato oscuro, inquieto e cupo a offrire la giusta chiave di lettura di Rumors, terzo album solista di Paolo Spaccamonti: “non è facile per me spiegare questo disco, credo abbia a che fare con l’assenza e la disperazione, la malattia e il dubbio. Come la tenacia con cui a volte ci si alza dal letto per scansare la pazzia. Tutto il resto è brusio di fondo, chiacchiericcio, rumors…”, spiega Spaccamonti; ed è in Croci/Fiamme, Sweet EN e Il Delinquente Va Decapitato che viene fuori il sofferto tentativo della vita, quella vera, di emergere da quel soffocante strato di quotidianità inessenziale e futile, in uno sforzo immane (ma necessario) di conciliazione fra dentro e fuori, per superare il brusio di fondo e ritrovare noi stessi. Sono pezzi scurissimi, sulfurei, in cui assistiamo a un’irrequietezza montante grazie ad accumuli di linee strumentali e tensione, sferzate metalliche ed espedienti vari, che si fermano appena prima della soglia del rumorismo, in un intelligentissimo e complesso equilibrio espressivo. Sono pezzi così efficaci che ci sorprende, poi, la schiarita di brani come Io Ti Aspetto (un bel dialogo, delicato e malinconico, fra la chitarra di Spaccamonti e il violoncello di Julia Kent) o il vago esotismo di Giorni Contati, le due tracce che più si discostano dal procedimento compositivo alla base dell’album: affastellamento e sovrapposizione di linee strumentali, appunto, in processi di accumulo perfettamente percepibili sin dall’iniziale titletrack o, ancora, in Seguiamo Le Api (e le seguiamo davvero, in mille fili e percorsi diversi). Una grande dimostrazione di maturità, una potente prova di quanto si possa dire senza usare le parole. (Elisa Giovanatti)

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PARBAT, SEASON OF K2, SEAHORSE RECORDINGS/AUDIOGLOBE 2015

Parbat_easy

Da amante delle avventure in quota di Reinhold Messner, non ho saputo resistere né al nome del gruppo né all’invitante titolo dell’album. Da critico, invece, dovrei chiedermi cosa possano mai avere tre ragazzi di Catania in comune con il grande scalatore e con le vette magiche del subcontinente indiano. Comunque la mettiate, i Parbat – la “Montagna del destino”, il Nanga Parbat, vegli su di loro! – sono riusciti a creare con le note quello che in milioni di anni movimenti tellurici e smottamenti hanno sollevato sulle teste del genere umano arrivando a rendere tangibile il concetto elevato di paradiso. Il trio, proprio ispirandosi alle ripide pareti dei monti più alti del mondo, riesce a rendere il metal a tal punto rarefatto da riprodurre nella testa di chi ascolta ogni singola asperità del terreno aprendo la mente al concetto di una fusion dolcemente aggressiva – post-rock la si potrebbe definire – nelle sue nuove forme. Himalaya e 8611– composizione che prende il la dall’altitudine del K2, seconda vetta più alta della Terra – sono brani che mantengono intatta l’epica verticale della corsa al Tetto del mondo che vide europei e asiatici competere nel secolo scorso. I Parbat suonano per rievocare con rispetto tutti coloro che uscirono vincenti e perdenti dall’ardua sfida, ma non solo. Nella loro musica emerge un amore sincero per luoghi lontani che per rimanere magici dovrebbero mantenersi i più incontaminati possibile. (Matteo Ceschi)

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IL MARE VERTICALE, UNO, NEW SONIC RECORDS 2015

ilmareverticale

Progetto nato a Roma nel 2013, Il Mare Verticale propone un rock alternativo che subisce il fascino del post-rock britannico più astratto e in ugual misura del pop colto alla Battiato, rielaborando il tutto in un risultato di grande capacità evocativa e forte impatto emotivo. Primo disco per questi giovani romani, Uno stupisce per la maturità del dialogo fra gli strumenti e l’espressione di un sound che è frutto di una concezione unitaria. Il sintetizzatore è efficacissimo nel dipingere atmosfere introspettive con movenze cinematografiche (Tokyo), su cui si innestano chitarre e armonie molto Mogwai-style e ritmiche delicate: è un ripiegamento interiore fatto a musica, con atmosfere introspettive e perlopiù downtempo che non escludono però violente esplosioni strumentali. L’estremo scavo esistenziale è il centro dei brevissimi testi, in italiano: sfrondati di tutto il superfluo hanno densità e peso specifico notevolissimi, e tuttavia fluttuano leggeri sui suggestivi tappeti strumentali, sussurrati da una voce (Francesco Mauro) che non vuole mai emergere. (Elisa Giovanatti)

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FRANCESCO GAROLFI SI RACCONTA SU INDIANA MUSIC MAGAZINE

FEBBRAIO 2015 cover easy

Eccoci giunti al numero 5 di INDIANA MUSIC MAGAZINE, scaricabile gratuitamente da oggi cliccando sulla copertina. In una lunga intervista Francesco Garolfi racconta passato e presente del suo variegato percorso artistico e svela il suo nuovo Wild (qui il video di presentazione). I dischi prescelti per le recensioni di questo mese sono quelli di Colapesce e Utveggi. Ancora aperto, ve lo ricordiamo, l’INDIANA MUSIC CONTEST: partecipate e contattateci per qualsiasi informazione. Intanto, cliccate sulla copertina per il freedownload!

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MY NAME IS NOBODY, SAFE TRAVEL, MY LITTLE CAB/HAVALINA RECORDS 2015

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Decisamente slowcore questo nuovo lavoro del cantautore francese Vincent Dupas, colui che si cela dietro My Name Is Nobody (ancora una volta accompagnato dagli amici di Chicago Pillars And Tongues). Partendo dalla consueta base folk, l’artista fa un passo verso la musica d’atmosfera: le parti strumentali sono eleganti e accuratissime (un esempio su tutti, il pianoforte leggiadro della titletrack), efficacissima è la costruzione di atmosfere sognanti (chitarre riverberate, arpeggi acustici, le dita di Mark Trecka che svolazzano sul pianoforte, flauto e violino a conferire qualche tocco di classe, i bei raddoppi vocali di Elizabeth Remis). Non sempre così ispirate, invece, le melodie vocali, ben riuscite se prese singolarmente (Sleeping Bat Dunes, Lifeline, Safe Travel) ma alla lunga troppo uniformi. Ritmi rallentati, arrangiamenti e strutture raffinate, tono sommesso, canto sospirato, testi introspettivi (tutti in inglese), ne fanno un album perfetto per quando ci si prende una pausa, potendo fluttuare insieme a Vincent Dupas in questo viaggio tutto interiore. E del resto Safe Travel contiene anche un invito esplicito a prendersela questa pausa, con A Silence, non a caso il brano più lungo dell’album, perché l’accumulo di “late night, hard work, no sleep” genera solo “no wonder”. (Elisa Giovanatti)

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P.OZ, 2974 MUSIK FOR DARK AIRPORTS, SEAHORSE 2014

P.Oz

Atmosfere rarefatte ed estreme – e visto la tragica fonte d’ispirazione, i dirottamenti del 9/11, non poteva essere altrimenti – che inevitabilmente richiamano all’orecchio WTC 9/11 scritto da Steve Reich per il Kronos Quartet. Dovendo fare dei distinguo, è facile ammettere che i P.Oz riescono a rendere più fruibile la “colonna sonora della tragedia” rispetto al grande maestro della contemporanea presentando al pubblico un lavoro che, pur nella complessità e nella stratificazione dei suoni, per lo più elettronici, ha il pregio di esercitare sulla memoria una potente scarica evocativa. Il risultato finale è un perfetto mix tra la ambient music di Brian Eno, la complessa e soffocante ragnatela di Reich e il più sperimentale David Bowie del periodo berlinese. (Matteo Ceschi)

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