Tag Archives: American folk song

IL RE CI HA LASCIATO…

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La scomparsa di B.B. King ha certo lasciato un vuoto, ma pur nel triste momento non si deve dimenticare neanche per un istante il contributo che Riley B. King, al pari del collega Muddy Waters, ha dato alla musica. Non importa il genere; non importa se mainstream o indie, come tanto piace a noi. Comunque sia la sua eredità c’è stata e ci sarà ogni volta che qualcuno metterà mano a uno strumento. Grazie di cuore Riley!

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AA.VV., NATIVE NORTH AMERICA (VOL. 1), LIGHT IN THE ATTIC RECORDS 2014

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Il titolo completo recita Native North America (Vol. 1): Aboriginal Folk, Rock And Country 1966-1985. Si tratta di 34 introvabili incisioni (inclusi alcuni veri gioielli), recuperate grazie al lungo lavoro del musicologo e archeologo Kevin “Sipreano” Howes, che riportano alla luce un repertorio sommerso e ai più sconosciuto, quella particolare produzione musicale dei nativi del Nord America che prende forma dall’incontro/scontro con il pop-rock mainstream, uno scambio fondamentale per la reciproca definizione della produzione musicale: se da un lato sono evidentissimi i lasciti folk, rock e country nella musica dei nativi, dall’altro va finalmente riconosciuto infatti il sostanziale contributo di questi ultimi alla canzone d’autore americana. Echi di Johnny Cash, Bob Dylan e Neil Young, per non parlare di vero garage-rock (ascoltate Fall Away dei Sugluk) e di rock psichedelico (la bella Old Man Carver di Willie Thrasher), risuonano così nella poetica dei nativi. Proprio nel complesso rapporto coi generi mainstream sta il senso di unità che deriva da questo materiale pur così eterogeneo, frutto di esistenze messe ai margini (dai pregiudizi, dalla politica) che vivono e lottano fra l’impulso di imitare gli altri e quello di distinguersi e autodeterminarsi. Il tema politico – l’emarginazione, il ratto della terra, i soprusi – ha ovviamente largo spazio, insieme al racconto mitico-sacro e alla rievocazione nostalgica di una vita e un mondo ormai perduti. “Pollution it chokes me, movies they joke me”, canta la voce calda di Willie Dunn – paladino dei diritti dei nativi americani morto durante il concepimento dell’album – nella splendida I Pity The Country, restituendo tutto il senso della raccolta in due minuti traboccanti di poesia e rassegnazione. (Elisa Giovanatti)

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NANA BANG!, IN A NUTSHELL, GURUBANANA 2014

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La voce di Andrea Fusari suona limpida come quella di un cantastorie di altri tempi tanto da non avere bisogno di sofisticati arrangiamenti dietro cui celare una timidezza tutta da artista. I Nana Bang!, parliamoci chiaro, sono quel che suonano, e riescono ad essere al contempo assolutamente casserole pur mantenendo alla luce del sole una poesia dai contorni pop che talvolta ci ricorda la lezione dei Beatles (Yesman e Green Valentine). Che si tratti di brani dall’ossatura scarna che si rifanno a una certa tradizione tutta americana della folk song o di composizioni più baldanzose aperte alle avances del synth, il duo produce una musica assolutamente singolare per il piatto standard del paesaggio sonoro delle sette note. Sarebbe azzardato etichettarli come “avanguardia”, piuttosto appare sensato vestire Andrea Fusari e Beppe Mondini con degli sgargianti panni picareschi. In a Nutshell, un disco assolutamente e volutamente avventuroso. (Matteo Ceschi)

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