Tag Archives: blues

VALERIA VALERIANO: DECLINARE IL RITMO DEL BLUES AL FEMMINILE

Eccoci ritornati, giunti ormai al numero 31 di INDIANA MUSIC MAGAZINE, per il quale ringraziamo la protagonista indiscussa, Valeria Valeriano: nella bella intervista qui raccolta Valeria ci fa conoscere la sua attività di bassista blues-rock e di produttrice, svariando tra modelli di riferimento, attività live e in studio, progetti e molto altro. Vi offriamo poi una selezione di recensioni di produzioni indie italiane e internazionali, da Kishi Bashi a Libero, dai Northwest a Saffelli, e qualche altro consiglio sul finale. Buona lettura quindi, basta cliccare sulla copertina!

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PULA+, FEATURING PULA, 2017

Una voce non eccessivamente roca – quel tanto da esaltare un mood destinato ad aumentare la ruvidezza della scena hip-hop nostrana – basi dal divertito sapore “casserole” e l’ambizione a spingere il rap nella “dimensione più vissuta” del blues, sono le principali skills dell’album dell’artista torinese. Con questo lavoro autoprodotto, Pula+, una volta annunciato di essere libero dalle altrui volontà – in passato, come ricordato ironicamente nel titolo del disco, tante importanti collaborazioni – può imbracciare la chitarra chiamando alla sua corte quei colleghi capaci nella sua visione artistica di sostenerlo nella non facile impresa di definirsi agli occhi degli altri: ecco allora Ezra, già collaboratore dei Casino Royale, affiancarlo per la produzione dell’album, e i due chitarristi Buzzy Lao (INRI) e Anthony Sasso (degli Anthony Laszlo) a irrobustirne l’evidente spinta live. Inutile cercare di stilare la classifica dei migliori brani della tracklist, qualunque scelta facciate il risultato sarà sempre soddisfacente. A me sono piaciute per l’impronta internazionale e la freschezza dei suoni Cerchio di fuoco e Cappello bianco. (Matteo Ceschi)

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ALDO BETTO’S SAVANA FUNK

È con particolare orgoglio che vi presentiamo il ventitreesimo numero di INDIANA MUSIC MAGAZINE dedicato ad Aldo Betto, artista e chitarrista che nella bellissima intervista qui inclusa si rivela in tutta la sua umana profondità, oltre a raccontarci alcuni dei segreti del suo ultimo, splendido lavoro, Savana Funk. Contaminazioni, migrazioni e una contemporaneità complessa e sempre più sull’orlo del baratro sono qui filtrate da una grande sensibilità artistica, che ci lascia ben sperare sulle possibilità della musica di toccare nel profondo l’animo delle persone. E ci sembra proprio questo il filo rosso che unisce anche i dischi scelti questo mese per la sezione recensioni: Cesare Basile, Giacomo Lariccia e Maxïmo Park completano infatti un numero particolarmente intenso. Come sempre il download è gratuito: cliccate sulla copertina qui sopra, buona lettura!

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MOTHER ISLAND, WET MOON, GO DOWN RECORDS 2016

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Dopo l’ottimo esordio dello scorso anno i vicentini Mother Island tornano con Wet Moon, album dal suono caldo, avvolgente, registrato totalmente in analogico da Matt Bordin. Il risultato è più che convincente: il background psichedelico del gruppo si lascia qui invadere da sapori blues e soul, i primi particolarmente adatti ad evidenziare la vena malinconica e cupa che emerge in molti dei brani di questo Wet Moon (la bellissima Heroin sunrise, giusto per dirne uno), gli altri perfettamente udibili nella vocalità di Anita Formilan, voce graffiante, calda ed energica che ispira grandi paragoni. Con episodi di contagiosa immediatezza (On days like these) ed altri di enigmatica interpretazione (La danse macabre, un tuffo in abissi profondi), la proposta dei Mother Island è stratificata quanto basta per incontrare il favore di ascoltatori più o meno esigenti. Vi invitiamo a seguire la band dal vivo, promette davvero bene. (Elisa Giovanatti)

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TANITA TIKARAM, CLOSER TO THE PEOPLE, EARMUSIC 2016

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Un treno corre veloce verso l’amore, inizia così il nuovo album di Tanita Tikaram, con Glass Love Train, una gioiosa canzone in cui i fiati incalzanti sembrano simulare il suono di vagoni in movimento. Iniziamo così un viaggio nei sentimenti della cantautrice inglese, un viaggio fatto di energia e passione, veicolato da ottima musica che spazia dal country-blues di Cool waters al soul di Food on my table, dalla divertente latin-gitano-mariachi The way you move (una via di mezzo fra Santana e Willie DeVille) al folk della delicata ballata Don’t turn your back to me, fino al jazz piano-voce di My enemy.. Ma è il blues, in tutte le sue connotazioni, a farla da padrone nel nono album della Tikaram, a partire dall’originale title track, che la stessa Tanita dice di aver scritto dopo aver scoperto la figura di Anita O’ Day, cantante jazz bianca carismatica e dalla vita travagliata, la cui carriera ebbe il suo apice a cavallo fra gli anni ’50 e i ’60. Contrabbasso e percussioni sono protagonisti dell’ammaliante Gris gris tales; di nuovo basso, piano e batteria accompagnano la sempre potente voce di Tanita nel jazz-blues The dream of her, mentre in Night is a bird la ragazza si è ispirata a Thelonious Monk dopo aver visto un documentario su di lui. Closer to the people è un disco nitido, caldo e viscerale e la voce di Tanita resta come sempre piena di fascino. Da non perderla dal vivo con la sua fantastica band l’1 e il 2 aprile al Blue Note di Milano. (Katia Del Savio)

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VOLVER, OCTOPUS, AUTOPRODUZIONE 2016

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Volver come tornare, Volver come trasformarsi, Volver come il film di Pedro Almodóvar: è a queste suggestioni che si deve il nome della band varesina di Max Vita e soci, di cui segnaliamo con piacere questo primo lavoro. Album dall’affascinante sapore vintage ma di una freschezza tutta moderna, registrato in digitale ma poi lavorato con sperimentazioni analogiche, Octopus regala canzoni energiche, di sicuro impatto, nate dalla penna del succitato Max (cantante e chitarrista) con una matrice classic rock e blues, “sporcata” in un secondo momento – grazie al lavoro della band – da influenze di rock contemporaneo e psichedelia. Due le gemme del disco, Brother e Deepred, ma moltissimi gli spunti interessanti, disseminati in brani come Jackuait e Things I Need. Efficacissimi i piani effettati e i sinth, che danno il meglio nelle lunghe, frequenti digressioni strumentali, ora trascinanti, dirompenti, estrose, ora suggestive, evocative, cinematografiche, sempre di una bellezza sorprendente. (Elisa Giovanatti)

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OUT SOUTH, DUSTVILLE, FITZCARRALDO RECORDS/800A RECORDS

Dustville

Secondo album per il quartetto siciliano Out South, Dustville è un lavoro dall’anima profondamente blues che non disdegna le più disparate contaminazioni, tutte mantenute saldamente sotto controllo dall’impronta del tutto personale della band. Otto tracce strumentali, composte da  Lorenzo Colella (chitarra elettrica e acustica) e registrate live in studio, esprimono un sound evocativo e molto diretto che lascia fluire colori e sfumature diverse con grande eleganza. Dustville è un luogo immaginario, in cui i musicisti lasciano convergere le proprie esperienze umane e artistiche, per creare nuova musica e partire per un nuovo viaggio. E mentre davanti ai nostri occhi si affastellano immagini di una polverosa America on the road, le trame di questo lavoro via via si complicano e si infittiscono (Junk, Red Towers e Up), dando vita a un’ultima parte dell’album in cui si percepisce un retrogusto rock-jazz (interpretato, di nuovo,  con grande sensibilità) e si infiltra anche la tradizione delle grandi jam band americane. Fabio Rizzo (chitarra slide), Luca Lo Bianco (basso) e Ferdinando Piccoli (batteria) completano con grande qualità la formazione degli Out South, da tenere d’occhio. (Elisa Giovanatti)

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INDIANA PLAYLIST GENNAIO

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Prima che gennaio finisca vi proponiamo i nostri nuovi spunti sonori, ovvero la playlist dei brani che hanno catturato la nostra attenzione nelle ultime settimane. Non è detto che tutte le canzoni selezionate siano fresche fresche di pubblicazione, ma a noi  ogni tanto piace andare a scovare chicche che sono sfuggite anche ai divoratori di musica più attenti. Buon ascolto (questa volta tramite Spotify e Bandcamp) e buon anno in compagnia di Indiana!

 

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PILLOLE INDIANE, TRE PROGETTI ARTISTICI DA TENERE D’OCCHIO

E’ liberamente ispirato”a Frankenstein di Mary Shelley, Frank (etichetta Dischi Obliqui), l’ultimo lavoro  dei vicentini Nova Sui Prati Notturni (Federica Gonzato, Gianfranco Trappolin, Giulio Pastorello  e Massimo Fontana). Il disco è uscito nel 2014, ma è giunto a noi solo ora, e vista la bravura del quartetto sarebbe stato un peccato non parlarne. I NSPN propongono un interessante, evocativo post-rock: basterebbero i brani strumentali, il cinematografico Elettricità e Victor con il suo sorprendente finale impazzito, a lasciarci trascinare senza meta nel dilatato, viscerale mondo sonoro di Frank, opera rock che il gruppo porta in scena con l’accompagnamento di video e con l’aiuto di una macchina “che macina schermografie fluorescenti su ingranaggi dorati in cilindro di plexiglass”. Dalla new-wave del singolo Code all’hard-rock con venature dark di Seven in mezzo passano suggestioni, graffi, squarci, momenti melodici e follie sonore. Da non perdere.

ErnestLiver

Le Ernest’s Liver non si fermano mai. Dal maggio dell’anno scorso, quando pubblicarono il loro primo, omonimo, EP, hanno continuato a produrre la loro musica e a pubblicarla immediatamente su Bandcamp. L’ultima fresca fatica si chiama Pale Blue Eyes, dove le tre ragazze non nascondono il loro amore per Velvet Underground e Lou Reed, mentre in I bet that you where born arrivano le suggestioni smaccatamente dylaniane. Entrambi i riferimenti artistici sono presenti anche nel resto delle produzioni dei trio formato dall’italo-americana Aileen, voce e chitarra armonica, da Vally (sax, clarinetto, tastiera) e da Gloria (batteria e voce). Le ragazze arrivano da Praticello di Gattatico (RE), ma la loro residenza ufficiale sembra essere il Greenwich Village: il loro primo EP vanta titoli come la folk-rock Allen Ginsberg, la ballata acustica strumentale dedicata alla Pivano Fernanda Revisited o la conclusiva Bob Dylan’s Dream. Nelle scorribande sonore delle Erne’st Liver non mancano brani garage e blues! Ah, il fegato (liver) è quello di Ernest Heminguay.

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“Fiori finti talmente belli da sembrare veri/fiori veri talmente belli da sembrare finti”. Questo è l’inizio dell’album e del brano Avventure umane particolari, un pop divertente che non si vuole schiodare dalla testa. L’album di debutto di Alessandro Casalis è un insieme di cartoline pop-rock spedite dalla vita quotidiana fatta di incertezze (Avventure umane particolari), di abbandoni (La festa), di insicurezze (Invisibile), di bilanci (Questa vita) trattati con leggerezza, ironia e disincanto. In Alieni vestiti da impiegati Alessandro si trasforma  in un cantante folk-rock nel solco della tradizione dylaniana-de gregoriana. L’album contiene anche due brani strumentali: la pillola elettronica L’atterraggio (alieno?) e il conclusivo, etereo, Sunday Morning.

(Katia Del Savio)

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SAINT HUCK, BROKEN BRANCHES, VICEVERSA 2015

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Sotto il nome d’arte caveiano si nasconde Livio Lombardo, già voce e chitarra dei Fräulein Alice, alle prese qui con un progetto solista in cui è coadiuvato dall’ottimo Carlo Natoli (Gentless3) alla produzione artistica e da una folta schiera di collaboratori cui sono affidati molti dei variegati innesti sonori del disco (contrabbasso, mandola, clarinetto, slide guitar, organo). Al centro di Broken Branches, però, è senza discussione proprio Saint Huck, che nel suo impasto di stile vocale e chitarristico crea un suono onirico e plumbeo, che per la raffinatezza della composizione sfugge a qualsiasi facile inquadramento. Un disegno complesso sorregge ciascuno dei 9 episodi che compongono il lavoro: è evidente nei brani più tortuosi (The Deepest Sea su tutti), ma non sono da meno i pezzi di ascolto più immediato (l’accattivante Hidden Words, l’essenziale Hangovers); parte come una ballata folk Christine ma con lo scorrere del tempo rivela anch’essa la sua natura multiforme, così come la desertica Glory Not Found svela piano piano impreviste stratificazioni. Profondamente intriso di blues e malinconia il suono di Broken Branches crea atmosfere scure e intriganti, lontane dalle mode, catturando le sensibilità più attente ed esigenti. (Elisa Giovanatti)

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