È come se avessero inventato il genere stoner l’altro ieri. Nulla pare essere cambiato dagli anni Novanta, eppure la freschezza e l’incredibile potenza del loro suono non ha perso un milligrammo di aggressività e di graffiante smalto. La band californiana sembra, infatti, scoprire proprio nell’insanabile attaccamento alle radici sonore il piacere di citare con un certa frequenza i Black Sabbath e di concedersi, con grande sorpresa e goduria per l’ascoltatore, felici derive neo-psichedeliche (per la verità già mezze annunciate dalla copertina del disco). Ad ascoltarli sembrano, credetemi sulla parola, una “demolition gang” intenta a restituire alla natura lo spazio rubato con il sotterfugio dal cemento. Un colpo dopo l’altro i Fu Manchu vi ripagheranno della noia di averli dovuti aspettare per ben cinque anni e scateneranno in voi una nuova ed inaspettata voglia di adrenalina come suggerito in maniera neanche tanto velata dal video di Radio Source Saggitarius popolato da fumanti hot rod. (Matteo Ceschi)