Formazione livornese precedentemente nota come Brondi Bros, La Maison presenta il suo primo a dir poco funambolico disco, Vaine House, chiamato come quel blocco di case popolari dell’East London in cui i nostri hanno condiviso l’appartamento durante il loro recente passato londinese, durante il quale si sono esibiti come busker e hanno incontrato l’umanità più varia. Un bagaglio di esperienza che si riversa completamente in questo lavoro, registrato da Taketo Gohara e prodotto da Enrico Gabrielli. Grottesco, folle, irruento, Vaine House è quanto di più imprevedibile ci sia in circolazione, tanto che alla fine i pezzi che più degli altri lasciano una sensazione straniante sono quelli che più assomigliano a qualcosa di convenzionale e irreggimentato (Rebs, Like A Snake e Valentine Road). Perché qui siamo in un mondo sonoro sghembo e capovolto, senza regole, in cui a farla da padrone sono forme impazzite, vortici indiavolati e attitudini giocoliere (Zingaraje, Richmond, Sarajevo). Inconsueti sono anche gli strumenti utilizzati, che nella loro varietà includono trombe, accordion, violino, violoncello, mandolino e quant’altro, per un folk-rock che guarda molto più alla tradizione gitana ed est-europea piuttosto che a quella americana. Al di sotto di tutto, come se non bastasse, scorre un filo inquietante e decadente (Devil, Frankie), a complicare ancora di più il lavoro di chi vi vuole presentare questo disco. Meglio lasciar parlare La Maison. (Elisa Giovanatti)