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TANITA TIKARAM, CLOSER TO THE PEOPLE, EARMUSIC 2016

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Un treno corre veloce verso l’amore, inizia così il nuovo album di Tanita Tikaram, con Glass Love Train, una gioiosa canzone in cui i fiati incalzanti sembrano simulare il suono di vagoni in movimento. Iniziamo così un viaggio nei sentimenti della cantautrice inglese, un viaggio fatto di energia e passione, veicolato da ottima musica che spazia dal country-blues di Cool waters al soul di Food on my table, dalla divertente latin-gitano-mariachi The way you move (una via di mezzo fra Santana e Willie DeVille) al folk della delicata ballata Don’t turn your back to me, fino al jazz piano-voce di My enemy.. Ma è il blues, in tutte le sue connotazioni, a farla da padrone nel nono album della Tikaram, a partire dall’originale title track, che la stessa Tanita dice di aver scritto dopo aver scoperto la figura di Anita O’ Day, cantante jazz bianca carismatica e dalla vita travagliata, la cui carriera ebbe il suo apice a cavallo fra gli anni ’50 e i ’60. Contrabbasso e percussioni sono protagonisti dell’ammaliante Gris gris tales; di nuovo basso, piano e batteria accompagnano la sempre potente voce di Tanita nel jazz-blues The dream of her, mentre in Night is a bird la ragazza si è ispirata a Thelonious Monk dopo aver visto un documentario su di lui. Closer to the people è un disco nitido, caldo e viscerale e la voce di Tanita resta come sempre piena di fascino. Da non perderla dal vivo con la sua fantastica band l’1 e il 2 aprile al Blue Note di Milano. (Katia Del Savio)

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RUSTIES, DALLA POLVERE E DAL FUOCO, RUSTIES 2015

Rusties

Prima di fare il grande salto verso il disco di inediti in italiano (previsto entro la fine dell’anno) i Rusties – che per 10 anni (dal 1998 al 2008) sono stati la tribute band di Neil Young che ha suonato in tutta Europa e successivamente hanno pubblicato due album in studio composti da inediti cantati in inglese – passa prima attraverso l’esperienza di Dalla polvere e dal fuoco: album composto da cover cantate in italiano. I 9 brani, tutti tradotti dal cantante e chitarrista Marco Grompi (traduttore ufficiale dei testi e biografo italiano di Young, e noto agli addetti ai lavori anche come ex ufficio stampa della IRD) appartengono a un repertorio che poco si discosta dal progetto originale della band bergamasca: dallo stesso Neil Young, con la ballad Powderfinger (Dalla polvere e dal fuoco) e con La “Signora”/Old laughing lady a Bruce Cockburn (la rabbiosa Se Solo Avvessi un Lanciarazz/If I only have a rocket launcher e la delicata Dentro la Gabbia/Pacing the Cage), da John Martyn (Aria solida/Solid Air) a Warren Zevon (Tienimi con te). L’operazione è interessante e ambiziosa, e il risultato convince a tratti, proprio per l’inevitabile confronto con le versioni originali. Efficaci ad esempio le cover di Cockburn, di Tienimi con te/Hold me in your heart di Warren Zevon e ovviamente quelle di Young. Meno riuscite a nostro parere Solid Air di John Martyn e Ombre all’orizzonte/Long shadows di Chris Eckman. Solo un brano si allontana dal mood folk-rock americano: Canzone logica, ovvero Logical song dei Supertramp, sfiziosa cover rifatta in modo personale e credibile. Insieme a Le intenzioni di Harrison Hayes/The Trias of Harrison Hayes dei Willard Grant Conspiracy è il brano che preferiamo. La dimensione ideale dei Rusties è senz’altro quella dal vivo e consigliamo di approfittarne ad esempio il prossimo 19 marzo per andarli a vedere al Rock ‘n Roll Club di Milano. Non ci resta che aspettare il nuovo album di inediti per capire se il passaggio alla lingua italiana è stato una scelta azzeccata. (Katia Del Savio)

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BILAL SVELA LA NATURA DEL SOUL AL PUBBLICO ITALIANO

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Non erano ancora svaniti nell’etere i vapori stregati di Halloween, che Bilal, soul singer di Philadelphia, già collaboratore di Common, Erykah Badu e Roots, intonava i primi vagiti nu-soul sul suolo italiano. Una voce calda, profonda e capace di spingersi con autorevole dolcezza verso il corpo sudato del funk, ha agitato la platea del Biko di Milano, indirizzando il pubblico talvolta verso la classicità di Donny Hathaway, altre spingendolo tra le braccia invitanti del migliore Prince degli anni Ottanta (Bilal sul palco ha le movenze e l’attitude tipica del genio di Minneapolis). L’unica data italiana del tour europeo di Bilal se da un lato è stata un’occasione per fare conoscere le ultime composizioni dell’album A Love Surreal, quarto album di una fortunata carriera, dall’altro ha proposto un ensemble (basso, batteria, chitarra e tastiere) non solo in grado di giocare all’interno dei singoli brani con i classici standard soul-funk ma anche di trarre da essi estemporanee ispirazione per gustose divagazioni sonore (che, per fortuna, non hanno risentito eccessivamente di un impianto sonoro non sempre all’altezza).

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Per chi fosse stato digiuno di black music, lo show notturno di Mr. Oliver ha offerto un perfetto distillato in grado di rilanciare le speranze musicali di fan e neofiti del genere. Voto: 8/10 (Matteo Ceschi)

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