Con questa nostra nuova playlist vi auguriamo un ottimo anno in musica (ovviamente indie!). Continuate a seguirci sulle pagine del nostro blog, su Facebook e Twitter. Buon ascolto dai Tre Piccoli Indiani.
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Pronti per un’ora di musica selezionata dai tre piccoli indiani? L’elettropop di Cosmo e dei Paupière si accompagna con il soul di rango di Mavis Staples, il post-rock degli Explosions in The Sky precede il combat rap dei 99 Posse, qui con Rocco Hunt, il rock psichedelico degli Elephant Stone arriva prima delle sonorità dilatate dei Mogwai, e così via, in una playlist ricca di suggestioni italiane e internazionali. Buon ascolto a tutti!
Il passato da sound designer di Paletti si sente eccome, in questo densissimo secondo disco, in cui ci si tuffa completamente negli anni ‘80. A chi è cresciuto in quel periodo, non amando troppo le sonorità eltettropop, nel 2015 suscita un sentimento capovolto: un effetto nostalgia che fa apprezzare Qui e ora. E così ascoltare oggi batterie elettroniche martellanti e voce distaccata, un po’ Alberto Camerini e un po’ Krisma, ci riappacifica con quel mondo attraverso il talentuoso Paletti. Ovviamente l’album non è solo questo. Paletti ha un’ottima capacità di scrittura delle melodie che si appiccicano in testa e che non annoiano mai, accompagnate da una vocalità duttile (ne Il suono del silenzio, ad esempio assume una rotondità quasi irriconoscibile). Ma è la parte musicale, che mescola armonicamente pop ed elettronica a colpire maggiormente, a dare una marcia in più alla produzione di Paletti. Non è l’unico che ultimamente ha deciso di mischiare le carte del cantautorato: con Colapesce e Cosmo, ad esempio, con le dovute differenze, Paletti si trova in buona compagnia, . A questo punto si può scegliere fra due strade: ascoltare Qui e ora pensando che sia poco originale perché prima di lui altri (vedi Bluvertigo) hanno scelto il suo stesso stile o quella di lasciarsi andare e apprezzare un piacevolissimo e ottimamente prodotto disco pop. Io ho scelto di percorrere la seconda. (Katia Del Savio)
Sono passati dodici anni da quando i piemontesi Drink to Me muovevano i loro primi passi nel mondo della musica, inizialmente con una classica formazione da rock band, per poi evolversi in un’entità nuova, protesa verso la musica elettronica. Nel 2008 il primo album completo, Don’t Panic, Go Organic! venne registrato a Londra e uscì per l’etichetta italo-inglese Midfinger Records. Da allora i Drink to Me hanno pubblicato altri due album lanciandosi in mondi sonori vicini al krautrock e alla psichedelia. Dopo S, album molto apprezzato dalla critica, il frontman Marco Jacopo Bianchi nel 2013 si è lanciato con successo nel progetto solista denominato Cosmo, che con Disordine ha proposto un originale mix di cantautorato italiano condito da musica elettronica. Rientrato alla base ha lavorato alla realizzazione di questo quarto entusiasmante album, che ha nel primo singolo Bright (il cui ritornello infetta la mente come un virus che non se ne vuole andare) il riassunto di tutto ciò che i Drink to Me producono: musica sintetica al servizio di melodie pop. Un’alchimia perfetta che a tratti ricorda i Radiohead e soprattutto gli americani Animal Collective, ma che raramente prende pieghe oscure (nella dolcissima Wild si sospende per pochi secondi il beat per far ascoltare la voce solista di Marco Jacopo che si prende in giro facendosi poi una risata) e questa è la vera cifra del gruppo. In Bright White Light i Drink to Me, accostano campionamenti di svariate provenienze: loro stessi hanno detto di aver utilizzato dai frammenti di musica in stile Motown alla voce di Clod del duo italiano Iori’s Eyes, ma descrivere la musica elettronica è quasi impossibile. Non vi resta che ascoltarli e lasciarvi rapire fino al fruscio di “fine programmi” di Estatic. Potete trovare questa recensione anche nel nostro foglio d’informazione mensile scaricabile gratuitamente nella sezione Magazine. I Drink To Me partono in tour domani 26 ottobre. Per informazioni potete visitare il sito http://www.locusta.net. (Katia Del Savio)