Tag Archives: elettropop

PILLOLE INDIANE, TRE DISCHI DA ASCOLTARE

Cover OSSITOCINA 3000X3000

SAFFELLI – OSSITOCINA – OYEZ 2019

Nell’infinito elenco di nuovi cantautori, ormai definiti semplicemente “indie”, che si stanno affacciando sul mercato discografico negli ultimi anni, il nome Saffelli merita una pennellata di evidenziatore. Dopo aver prodotto alcuni singoli, è uscito ora con un ep composto da quattro brani intitolato Ossitocina. Il suo elettro-pop è fresco e mescola immagini quotidiane, perlopiù ambientate nella sua Milano. Così il titolo Alaska non deve ingannare, parla di “viale” Padova, di droga, di master inutili, di paprika e della nebbia che non c’è più. In Amore miope l’inciso spinge di più sulla trap ed entra a pieno nel mondo degli amori giovanili in cui la realtà, levata la patina finta delle foto su Instagram, può risultare deludente. La notte milanese multietnica fatta di tangenziali, insegne, mezzi pubblici che attraversano la città e sogni per il giorno dopo è la protagonista di Fastfood. Il brano più debole dell’EP è quello di chiusura, Una vita e 4 giorni, qui la storia e le immagini utilizzate sembrano poco centrate. Interessante il fatto che il nome produttore del disco, Polezky, sia scritto sulla copertina accanto all’interprete.

 

Vertigini EP - copertina

LUANA CORINO – VERTIGINI – RED MUSIC 2019

Rap, soul e r’n’b sono gli ingredienti principali di Vertigini, l’ep di Luana Corino, ragazza veneta che prima si faceva chiamare LaMiss. La cosa che colpisce subito, oltre alla rotondità della voce di Luana, è l’ottima fusione di queste sonorità black con la lingua italiana, impresa non facile . L’ep contiene cinque tracce, ognuna che rappresenta una donna con età e storie diverse. Interessante poi scoprire che regia e scenografia del video di Non ti piacevo abbastanza sono state curate dall’artista stessa. Senza scimmiottare i suoi colleghi maschi, Luana si muove bene in un ambito musicale solitamente poco femminile rendendolo invece molto femminile. Una ragazza da tenere d’occhio.

DaBomb

 

 

THE HIGH JACKERS – DA BOMB – MUSIC FORCE/TOKS 2019

Tutti i colori della black music sono inseriti nel godibile primo lavoro degli udinesi The High Jackers, tredici elementi che formano una big band di tutto rispetto, capitanati dal cantante, bassista autore e produttore di tutti i brani Stefano Toboga. La voce calda, nera e avvolgente di Stefano si amalgama bene con il funky di If I don’t have you, Everybody’s burning (qui le simpatie per i Red Hot Chili Peppers sono evidenti) e You made me mad (invece qui siamo più dalle parti di Curtis Mayfield), ma anche con il rock morbido di Going crazy (dove emerge una piacevole somiglianza con il timbro di Ben Harper), con il rock-blues di Stunned and diz, nel delicato soul (stile Stax) di Hush now, ma anche nel rock “scomposto” di Live it, nella jazzy The wrong side of the street, nella semi-rappata This is the sound e così via. Da bomb è un disco con una produzione molto ben fatta, suonato da ottimi musicisti, che dal vivo spaccheranno di sicuro. (Katia Del Savio)

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VERONICA MARCHI, NON SONO L’UNICA, QUI BASE LUNA 2018

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Non conosciamo la vita privata di Veronica Marchi, ma ascoltando questo disco si può intuire che sia nato dopo un periodo di crisi, un disco di riflessione interiore profonda e un incoraggiamento alla propria rinascita, alla ricostruzione. Cose che danno fastidio, ad esempio, racconta di nevrosi quotidiane, di una sorta di depressione che non ti fa uscire di casa, del senso di solitudine, il tutto raccontato però senza drammaticità, con quel distacco che fa intuire che forse il peggio è passato. Non è nelle stelle è il successivo suggerimento a prendere in mano la propria vita, non pensando che tutto dipenda dall’esterno, dagli altri, ma che provenga soprattutto dal nostro modo di essere e dallo nostra forza di volontà, stesso concetto ripreso ad esempio in L’unica, da cui è tratto il titolo dell’intero album. Veronica canta in modo molto diretto, limpido e senza filtri e sa toccare le corde più profonde di noi stessi; la sua scrittura non contempla grandi metafore, né ammiccamenti, ma è sempre convincente. Rispetto alle produzioni precedenti, di impronta quasi esclusivamente acustica, qui Veronica e i suoi collaboratori hanno voluto aggiungere, in alcuni casi, arrangiamenti più elaborati e l’uso di strumenti elettronici, che danno maggior rotondità e una vena più pop alla sua produzione, senza togliere autenticità e intimismo. (Katia Del Savio)

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MIMOSA, HURRAH, LA TEMPESTA DISCHI 2018

 

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Come promesso, per questo secondo album Mimosa fonde il suo amato pianoforte a sonorità elettroniche. Si parte con Overture/Bang!: pochi secondi di piano rassicurante, seguiti da note schiacciate con rabbia liberatoria, che lasciano il posto a sonorità rarefatte, spaziali, per poi ritrasformarsi nella calma dell’inizio. Insomma, una sorta di big bang da dove è partito il disco e che contiene già alcuni degli elementi che lo compongono. Gli 11 brani di Hurrah rappresentano la coerenza artistica di Mimosa, sempre in bilico fra una contemporanea Alice nel paese delle meraviglie, con la sua voce un po’ bambina, con le sue fragilità e con tanta energia positiva, e la donna consapevole della sua forza, ironica e sensuale. Hurrah dimostra quanto Mimosa sia un’artista libera di giocare con la musica, con le parole, con la sua immagine e di far emergere tutte le sfumature, la complessità dell’animo femminile. L’album si conclude con la rallentata canzone d’amore Angeli, in cui la cantante/attrice duetta con Davide Toffolo, che con la sua La Tempesta Dischi ha – come si usa dire in questi casi – “voluto fortemente questo disco”. Tra il big bang e gli angeli in mezzo Bio-logica riflette sul rapporto fra istinto e ragione, Pro-memoria si concentra sul senso di precarietà (brano intimo ed emozionante), Videovita parla della vicenda del bambino siriano Aylan, trovato morto su una spiaggia turca mentre fuggiva dalla guerra, e di come la famosa foto sia stata strumentalizzata. La titletrack, per la sua frenesia pianistica ricorda stilisticamente La terza guerra (dall’album precedente per il quale l’avevamo intervistata qui) e punta a vedere le cose in positivo, nonostante le “rovine sullo sfondo”, mentre in Mordimi forte si dà sfogo a un erotismo animalesco. Hurrah contiene anche i singoli pubblicati prima dell’uscita dell’album: Evoluzione, una sorta di mantra sul passaggio della vita da una generazione all’altra e Attentato al cuore, martellante brano ricco di passione. La parte elettronica del disco è affidata alle sapienti mani di Filo Q, artista, dj e produttore genovese che può vantare molte collaborazioni e un recente progetto che si chiama Istituto Italiano Di Cumbia, che coinvolge diversi artisti. Come dicevamo l’immagine è un aspetto molto importante dell’espressione artistica di Mimosa, che mantiene parallelamente la sua carriera di attrice, sopratutto teatrale. Lo si evince sia dalla copertina del cd in cui compare orgogliosamente a petto nudo dipinta d’argento e con i bicipiti in evidenza in segno di forza, che dai tre video che ha realizzato per Evoluzione, Attentato al cuore e Hurrah dove grande personalità, amore per i colori e l’immancabile ironia non passano inosservati. (Katia Del Savio)

 

 

 

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MARA REDEGHIERI, RECIDIVA, LULLABIT 2017

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A 15 anni dallo scioglimento della band reggiana che ha fatto un pezzo della storia della musica indipendente italiana, gli Üstmamò, la notizia che Mara Redeghieri sarebbe uscita con un disco solista ha procurato una certa emozione a chi, come me, non è più una ragazzina. Con tanta curiosità mi sono quindi dedicata all’ascolto di Recidiva, un album che mantiene quel filo che collega il presente al passato, fusione fra elettronica e pop, che negli anni ‘90 rappresentava una ventata di novità (eravamo in pieno trip-hop), amalgamate con la voce caratteristica di Mara, qui utilizzata spesso con toni teatrali, come ad esempio in Pestifera (cattura della), accompagnata da ritmi reggae tanto amati proprio in quegli anni, nella title track e in Nella casa, pezzi totalmente recitati. Non a caso, fra le attività che la Redeghieri ha intrapreso in questi anni di silenzio discografico c’è stata la recitazione. Augh, che apre il disco, richiama lo stile dei CSI, compagni di merende degli Üstmamò, con i quali registrarono anche un album live (insieme anche ai Disciplinatha), ma aggiorna ai nostri tempi il sarcasmo sulla condizione degli sfruttati (badanti, lavoratori in nero per 18 ore), così come nell’inquietante, cinematografico e commovente Uomo nero, che descrive con inquadrature efficaci il viaggio dei migranti dal deserto fino all’attraversamento del Mediterraneo con i barconi (uno dei brani più riusciti, non solo per il tema toccato). Recidiva racconta storie, come quella di Cupamente, che sotto le mentite spoglie di un brano leggero racconta di un avaro palazzinaro, crea atmosfere, agrodolce in Anni luce, giocosa in Essere umana. Insomma, l’album è un continuo stimolo concettuale, sonoro e vocale, e la forza di Mara, dopo tanti anni resta soprattutto l’uso spericolato, divertito, sicuro e originale della sua voce. (Katia Del Savio)

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INDIANA PLAYLIST PRIMAVERA

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Cari amici di Indiana, eccoci con nuove chicche musicali per voi.  I tre piccoli indiani vi propongono artisti italiani e internazionali, sonorità eterogenee che hanno colpito le loro orecchie negli ultimi mesi. Tenete quindi in alto le vostre antenne e ascoltate tutto d’un fiato la nostra playlist di primavera!

 

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INDIANA PLAYLIST NOVEMBRE

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Quatrantatre minuti di pura musica indie vi aspettano se siete pronti ad ascoltare la playlist che vi abbiamo preparato questo mese. Ad aprire le danze i lanciatissimi C+C=Maxigross con la loro An afternoon with Paul, seguiti dal post rock dei Novalisi, qui con il brano Ma Vecchio. L’elettro-pop-rock dei Terzo Piano (H-Pt1) precede la strumentale Welcome Ada di Adriano Viterbini con Bombino e l’industrial Happiness di IAM(X). Il dream-pop degli Armaud (Patterns) lascia il posto alla successiva, scanzonata ma non troppo, Camper di Bonetti. Lose the right dei The Dead Weather fa irruzione con la voce di Alison Mosshart prima della delicatissima I Santi, canzone che anticipa l’uscita dell’album di Io e la Tigre. Chiudono l’INDIANA PLAYLIST di novembre il groove dei Lebowski di Una vita disarmata e la decadente e imprevedibile Frankie dei livornesi La Maison. Buon ascolto!

 

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TERZO PIANO, SUPER SUPER, LA FAME DISCHI 2015

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Super Super della band Terzo Piano ha tutte le caratteristiche per essere il primo di una lunga serie di album. Quelli de La Fame Dischi se ne sono accorti subito e non si sono fatti scappare i ragazzi che avevano mandato il loro brani per partecipare al concorso da loro organizzato. Il giovane quartetto di Cava dei Tirreni dimostra da subito grande maturità, mescolando sapientemente pop, rock, elettronica e piccole dosi di folk. Ciò che colpisce è soprattutto la fluidità dei brani, che scorrono in modo sorprendente senza forzature, senza suoni fuori posto, nonostante la loro ricchezza e complessità. La voce morbida e duttile di Francesco Mattia Pisapia impreziosisce ulteriormente il quadro decisamente positivo. Certo la lezione dei Subsonica è stata introiettata dai Terzo Piano, ma sarebbe ingiusto limitarci a questo paragone. Il gruppo ha un’identità ben precisa, data anche dai testi freschi, dalle connotazioni qua e là erotiche, che ben si incastrano nelle melodie e nella densità sonora dell’album. Si parte con un intro strumentale dalle atmosfere vagamente inquietanti e si prosegue con Attratti super, brano asciutto, in cui gli strumenti e i riverberi della voce si distinguono in modo preciso. Della canzone è stato realizzato il curioso video girato da Andreas Zampella che potete vedere qui. Dopo la successiva Loop, che ricorda la delicatezza dei Tiromancino con l’aggiunta di loop elettronici, inizia H, traccia divisa in due parti che con ironia e sincerità parla della mancanza di ispirazione  artistica (“io non so parlare con le note/c’è chi dice che non fa per me, che forse dovrei smettere/che in fondo non so scrivere”), un brano dalle venature soul con un coinvolgente ritmo incalzante, che rallenta nella seconda parte. Supervixes esprime il suono più denso, claustrofobico dell’album, mentre Super 8 alterna momenti ambient ad altri decisamente rock. Chitarre acustiche e base synth rarefatta sono le protagoniste della sensuale 52mm, mentre la più ariosa conclude l’album. Ottimo debutto. (Katia Del Savio)

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MAJICAL CLOUDZ, ARE YOU ALONE?, MATADOR 2015

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I Majical Cloudz, duo canadese composto dal cantante Devon Welsh e dal produttore e sound designer Matthew Otto, tornano dopo l’ottimo Impersonator del 2013 confermando quanto di bello avevano già mostrato. Are You Alone? è un’esperienza intima, per chi canta e per chi ascolta: la voce profonda di Welsh si muove su testi che sembrano delle confidenze, in cui vengono a galla dubbi e fragilità (di Welsh e di noi tutti), accolti nella più totale e umana comprensione; il rapporto con l’ascoltatore è più diretto che mai, non a caso costruito su una quantità enorme di domande, interrogativi che ti chiamano in causa in continuazione, diretti a te che ascolti e solo a te, stabilendo così una profonda connessione, tanto che alla fine quello che emerge dall’album è proprio questo tentativo cercato, insistito, voluto, di combattere un profondo senso di solitudine con una disperata ricerca di contatto umano. E mentre soltanto occasionali e piccole tracce di sarcasmo permettono di sorridere su un paesaggio così grigio, Matthew Otto appronta un sound lievissimamente pulsante, oscillante tra boccate d’aria (a beneficiarne di più è la bella, toccante ma controllata maestosità di Downtown) e cupezze autunnali, un sound discreto, vagamente consolatorio, sempre curato e coerente con le malinconie autunnali così ben evocate, solo qua e là toccato dall’immissione di elementi di varietà (per esempio i rintocchi di pianoforte e una bella, lontana melodia di sax in Disappeared). Are You Alone? è un album grigio, ma il grigio di quella malinconia in cui a volte piace crogiolarsi un po’. (Elisa Giovanatti)

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LIMONE, SECONDO LIMONE, DISCHI SOVIET STUDIO 2015

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Un soffice pop elettronico accompagna i pensieri di Limone, cantautore veneto alla seconda prova discografica. Metafore originali, sarcasmo e ondate di freschezza invadono Secondo limone fin dal primo brano intitolato Qui lo dito e qui lo lego: “Ma sinceramente l’emozione la più intensa l’ho provata quella volta che ho guardato quel servizio a Studio Aperto del gattino molto stanco non scendeva più dal ramo”. Curiosa ad esempio è Capotasto, che utilizza il linguaggio musicale per raccontare la suddivisione delle “porzioni” dell’esistenza: “E se la vita è un’esperienza in 4 quarti/al lavoro io darei una semicroma/all’amore io darei una pausa e un quarto”. Ma la più divertente è Ho deciso di iniziare a leggere, presa in giro di chi deve a tutti costi citare registi, pittori, intellettuali per sembrare più colto: “Bevo da bottiglie di Morandi per disinibirmi/Taglio anche le tende della doccia come fa Fontana”. Se deciderete di ascoltare questo piacevolissimo disco fatto di piccole storie intime e pubbliche, amore e pensieri in libertà non vogliamo togliervi il gusto di scoprire altre strofe che vi faranno sorridere, a volte anche con amarezza (o asprezza, visto che siamo nella famiglia degli agrumi.)… Vi segnaliamo solo uno degli altri titoli che lo compongono per entrare un’ultima volta nel clima del disco: Amanda Knox trova un nuovo coinquilino. Oltre a Limone (Filippo Fantinato), alla voce, al piano, alle chitarre e al synth, hanno collaborato al disco distribuito da Audioglobe Paolo Pigato (basso) e Christian Paganotto (batteria). Da segnalare infine la bella grafica di copertina e del libretto del Cd.  (Katia Del Savio)

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HIC SUNT LEONES, HIC SUNT LEONES, INNER ANIMAL RECORDINGS 2015

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Segnaliamo con piacere l’ottimo debutto degli Hic Sunt Leones per Inner Animal Recordings (etichetta indipendente e collettivo di band livornesi tra cui Bad Love Experience, Jackie o’s Farm, Mandrake): denominatore comune delle 5 tracce che compongono questo piacevolissimo EP è il gusto per le belle melodie pop combinato con un senso del ritmo e del groove che richiama sensibilità per il jazz e il soul. Un’elettronica discreta e molto morbida è il tappeto su cui si appoggiano le linee vocali calde, e qualche volta un po’ più aggressive, di Andrea Tempestini, al centro del progetto Hic Sunt Leones insieme al giovane polistrumentista Lorenzo Saini; elemento inconfondibile del loro sound è l’utilizzo dei fiati (Giacomo Fattorini alla tromba, Giulia Costagli al sax), ma è tutta la parte strumentale (segnaliamo anche la collaborazione di Riccardo Mazzoni) ad essere davvero preziosa, disinvolta nel passare da un genere all’altro, precisa nell’esecuzione. Ottima l’apertura con Zen Dance, con melodia soul, chitarra funky e fiati trascinanti; segue Agape, pezzo energico che entra sottopelle senza alcuna fatica; una decisa virata soul (Granny Lunchtime e Blowin’ Up The Pots) contraddistingue la parte centrale dell’Ep, che si chiude poi con Earthling, orientaleggiante, eterea, sognante. (Elisa Giovanatti)

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