Un disco “disturbante” e “disturbato” fin dalla copertina. Se il nome inquietante scelto da Karim qqru, batterista degli Zen Circus, richiama a sinistri snodi storici della contemporaneità, il sound del disco pare invece volere risolvere sul piano sonoro le frizioni della contemporaneità spingendo oltre ogni sensatezza il suono verso un mix di elettronica minimal e di massive hard rock che non potrà che dividere il pubblico in fazioni. Il riferimento naturale a questo tipo di approccio brutale e lacerante sono gli statunitensi Death Grips, ma nell’intricato collage allestito per l’occasione dal trio (Izio Orsini e Ale Lera gli altri due vertici del triangolo) non mancano sorprendenti riferimenti alla chanson française e alla musica sacra. Nelle intenzioni degli autori non c’è nessuna volontà di piacere ma solo l’impellente necessità di esprimere la voce di una contemporaneità che certo non appare gentile e morbida nelle sue manifestazioni. Morte a credito, è un disco per gente dal palato fine ma dal cuore forte. (Matteo Ceschi)