Tag Archives: Grateful Dead

CON I THIRD SOUND IL TEMPO PERDE SIGNIFICATO

Nemmeno il maltempo li ha fermati! Arrivati in ritardo sotto la pioggia battente all’Arci Bellezza di Milano, dopo un velocissimo sound-check – 10 minuti annunciati dal ruggito del basso di Andreas Miranda – i The Third Sound hanno solo atteso le ultime note del live di Kane Nero per far esplodere subito la sala da ballo con la loro miscela di richiami psichedelici e schegge post-new wave. I Velvet Underground incontrano i Grateful Dead sul palco! Un’epica cavalcata sonora iniziata con un brano strumentale e proseguita con Your Love Is Evol estratto da First Light, il loro ultimo LP per FUZZ CLUB. Il tempo sembra perdere significato… Le chitarre di Hakon Aðalsteinsson e Robin Hughes sono come lancette di orologi impazzite… Perdersi è un piacere… per poi ritrovarsi ai piedi del palco a chiacchierare con il batterista Fred Sunesen e il collega musicista Andreas.

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WHYTE HORSES, POP OR NOT, CRC MUSIC 2016

Whyte Horses

Che sia mai arrivata una nuova Summer of Love? Ad ascoltare Pop or Not sembra proprio che i figli dei fiori siano tornati tra noi con le loro collane di perle, i gilet e i nastri a fermare i capelli fluenti. E tutto grazie ai Whyte Horses, sorprendente formazione di Manchester, che ha registrato l’album sull’onda di un hippy mood in giro per l’Europa (facendo tappa anche a Frosinone!). Pop or Not – il titolo scelto la dice lunga sulla totale apertura mentale di Julie Margat e soci verso nuovi orizzonti – piace fin da subito con quelle sue atmosfere piacevolmente lisergiche e quel suo approccio entusiasta alla vita. Promise I Do, è solo uno degli ascensori attraverso cui accedere ai piani di un nuovo stato di percezione per poi allontanarsi in maniera consistente dalla realtà. Tutto è suonato e cantato con la gioia di chi sa di partire per una grande avventura: La couleur originelle parte nel segno dei Grateful Dead per poi scivolare placidamente qua e là verso Serge Gainsbourg e decollare verso castelli technicolor acidi. La strumentale Wedding Song, invece, sancisce l’ufficialità di non avere mai abbandonato quel paradiso sbocciato improvvisamente quasi cinquant’anni fa sotto il Golden Gate. Il sole è alto nel cielo e, oggi, non necessariamente assume il colore a cui siamo abituati! (Matteo Ceschi)

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C+C=MAXIGROSS, FLUTTARN, TROVAROBATO/VEGGIMAL 2015

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Dopo Singar (cantare) e Ruvain (far rumore) – e dopo un fantastico An Instantaneous Journey con Martin Hagfors, che trovate qui – Fluttarn (fluttuare) chiude la trilogia della Lessinia e apre nuove prospettive nella carriera dei C+C=Maxigross. L’album arriva dopo centinaia di date live in tutta Europa, in cui la formazione ha aperto le porte a diversi musicisti (lo stesso Hagfors, Phill Reynolds, Miles Cooper Seaton e molti altri) e a sperimentazioni continue, mostrando ancora una volta una grande propensione alla ricerca. Ritroviamo molti di questi artisti – e qualche altro nome, Marco Fasolo in primis – in Fluttarn, in cui si scovano anche una miriade di interscambi con gli amori del passato (dai Beatles alla scena di Canterbury, dai Pink Floyd ai Grateful Dead), ma in cui emerge soprattutto il presente luminoso dei C+C. Born Into It, Bruce Skate e Every Time I Listen To The Stones ci fanno immediatamente gioire e siamo solo all’inizio. L’attitudine naif della band è sempre viva, nel gioco e nella manipolazione dei materiali musicali, nelle linee a volte sghembe, nel sapore ironico di certi scorrazzamenti fra i generi, ma è un gioco raffinatissimo, che solo una tecnica solidissima e una piena consapevolezza possono rendere così facile e spontaneo. Forme complesse e anarchiche, fantasie rapsodiche, colpi di genio e arrangiamenti finemente curati sono il coloratissimo risultato di questo libero fluttuare sulle note con tocco quasi magico. Sono tutte sensazioni confermate non solo nell’impegnativo terzetto conclusivo (straordinarie An Afternoon With Paul, Moon Boots e Rather Than Saint Valentine’s Day Part III), ma in ogni singolo brano di questo Fluttarn, in uno svolazzare leggero che fa completamente dimenticare il lavoro che sta dietro a un simile risultato. Ma ormai l’abbiamo capito: non si tratta affatto di uno scherzo. (Elisa Giovanatti)

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MARTIN HAGFORS AND C+C=MAXIGROSS, AN INSTANTANEOUS JOURNEY, VEGGIMAL 2014

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Continua quel piccolo miracolo sonoro chiamato C+C=Maxigross, quell’impasto di sonorità calde e ammalianti nato fra le Prealpi veronesi, fra legna che brucia nel camino e un bicchiere di vino, un po’ folk e un po’ psichedelico, un po’ Neil Young e un po’ Grateful Dead. Ed è d’altronde un piccolo prodigio anche il loro incontro con Martin Hagfors, americano ma norvegese d’adozione, prolifico musicista ex Home Groan, uno strano ritrovo di spiriti così lontani – anagraficamente e geograficamente – ma così affini da rendere quasi migliori degli originali, in questo Instantaneous Journey, sei dei pezzi più noti dello stesso Hagfors: un’operazione che, a differenza dei lavori precedenti dei giovani della Lessinia, questa volta non sa tanto di gioco ma piuttosto di genuina vicinanza artistica. Riarrangiati e reinterpretati nello stile dei C+C=Maxigross, i brani di Hagfors riacquistano nuovo fascino fra reminiscenze di indie rock britannico (Maximum Amount), puntante nel country e nella road song (The Woods, Country Chris) e folk acido e riflessivo su tempi lenti (Company Oil). Un impatto più corposo è quello dell’ottima Coffee Or Cigarettes, mentre Astrodome chiude come meglio non si poteva questo viaggio istantaneo: ballatona malinconica con splendide armonie vocali, romantica, intensa, ha una coda quasi epica se la melodia non fosse così morbida e vagamente dolente. (Elisa Giovanatti)

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