Tag Archives: John Carpenter

JESTOFUNK, CAN WE LIVE, IRMA RECORDS/REC IN PAUSE/SELF 2021-22

Un brano che ha fatto la storia della musica (non solo house) internazionale,  un brano che ancora oggi ad anni di distanza si mantiene fresco e attuale sia nella sua forma originale che nei nuovi remix. Un brano a cui tutti dovrebbero fare riferimento quando si apprestano a parlare di successi discografici.

Can We Live dei Jestofunk (con il featuring di Ce Ce Rogers) torna in vinile sugli scaffali dei negozi di dischi – una lode a quelli, numerosi, che resistono lungo tutto lo stivale – grazie alla storica Irma Records e alla Rec In Pause, l’etichetta di Francesco “Checco” Farias, uno dei membri fondatori del gruppo.

Inutile girarci intorno, Can We Live possiede quel pizzico di atmosfera dark à la John Carpenter che continua a dare all’ascoltatore un senso di thrilling che gli permette di assaporare il gusto del proibito senza correre rischi. La profondità delle basse della traccia, un tocco che ha fatto scuola in giro per il mondo negli ultimi decenni, si mantiene potente e ipnotica anche nel remix Mandrillapella, tanto da spingere l’atmosfera da club nella direzione di una liturgia laica e aggregante: il  DJ officia un rito collettivo dalle profondità della notte dispensando ai clubbers scarne ostie ritmiche. Più morbido ma non per questo conciliante, il Soul Chemistry Mix. La volontà del ritmo sia fatta! Andate e portate a casa nuove e rinnovate pulsioni! (Matteo Ceschi)

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OLGA BELL, INCITATION, ONE LITTLE INDIAN RECORDS 2015

Incitation

Se si volesse cercare un paragone facile ad uso e consumo della grande distribuzione potremmo dire che Olga Bell ricorda per molti aspetti la Björk delle origini. Poi approfondendo la conoscenza di Incitation si arriverà ad apprezzarne l’originalità sbarazzina e insofferente. La Bell – origini moscovite e radici in Alaska e nella Grande Mela – infatti, sembra fin dalle prime battute volere affermare la propria individualità allontanandosi in un solo colpo dai già citati paragoni e dall’esperienza con i Dirty Projectors. L’appuntamento con il secondo album non brucia le tappe e risulta quello che dovrebbe essere: maturo ma al contempo ancora carico di quell’acerba voglia di dimostrare tutto al mondo. L’EP, cinque tracce, vive, pulsa e sanguina intorno a Pounder, episodio I e II: un’elettronica colta, che ricorda un po’ John Carpenter, si insinua in profondità nei sentimenti di Olga amplificandone la resa e l’impatto sul pubblico e lasciando nell’ascoltatore una sincera voglia di ricominciare daccapo l’esperienza sonora. I due pezzi sebbene eclettici nelle scelte ritmiche possiedono tutti i numeri per vincere le resistenze dei dj e diventare dei club killer. Solo lasciandovi andare alle atmosfere sintetiche e un po’ dark di Incitation, le vostre giornate potranno finalmente raggiungere quelle sfumature “hipster” che da troppo tempo rincorrevate con insuccesso. (Matteo Ceschi)

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HYST, MANTRA, MACRO BEATS 2014

HYST_easy

Non stupitevi se con Mantra le immagini precederanno di un’infinitesimale frazione di secondo il suono. Artista a dir poco poliedrico, Hyst, all’anagrafe Taiyo Yamanouchi, trova nella semplicità della formula old school – sapiente equilibrio ritmico tra samples e rime – e nelle atmosfere da bloc party la chiave per dare nuovo e vigoroso respiro all’arte più esposta dell’hip-hop, il rap. Le parole non arrivano mai a caso, ma non per questo fuggono una musicalità pop(ular) che l’autore sente intimamente sua e vuole ad ogni costo comunicare e condividere con l’ascoltatore. Nelle dodici tracce si possono trovare riferimenti ai Platters, a Jesus Christ Superstar, alla critica sociale delle pellicole di John Carpenter e alla morale del cinema di Hong Kong. Mantra, per tutti questi motivi, e per altri che avrete il piacere di scoprire in prima persona, sortirà su di voi un positivo effetto destabilizzante che vi porterà a riconsiderare più attentamente gli aspetti più scontati della produzione musicale. Hyst, un Common italiano cresciuto nel segno dei Sanguemisto. (Matteo Ceschi)

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