I fans li aspettavano dal 1998 e la lunga attesa, bisogna ammetterlo, è valsa davvero la pena. Dennis Lyxzén & soci si ripresentano oggi con la stessa debordante e coinvolgente energia di The Shape of Punk to Come e un’intatta voglia di dire la loro riguardo a un mondo che stenta a tenere insieme i suoi malconci cocci. Le dieci tracce di Freedom – prodotto da Nick Launay e Shellback – colgono la civiltà umana, in particolare quella Occidentale, alle prese con una delle sue più profonde crisi morali e traggono da questa deriva, ben rappresentata dalla crisi greca e dall’insensibilità del resto d’Europa, l’incredibile energia per sfondare il muro di indifferenza che ci attanaglia. A venire messi all’indice sono i vizi del capitale, quello globalizzato e globalizzante, da cui tutto pare scaturire. La ferocia del groove, sempre aggrappato alla realtà sonora del quotidiano, e l’istinto killer e chirurgico delle lyrics fanno del quarto disco dei Refused uno degli album rock più crudi e diretti dell’anno senza, però, fare scivolare il punk-rock hardcore tipico della band in qualcosa di scontato e lontano dalla sua sensibilità. L’album è militante in ogni suo aspetto, dall’inizio della tracklist con il singolo Elektra fino alla fine con l’amara constatazione di Useless Europeans, uno dei brani rock più belli e intelligenti degli ultimi dieci anni. (Matteo Ceschi)