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IOSONOUNCANE, DIE, TROVAROBATO 2015

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Basta sarcasmo, basta critica sociale e politica, quelle le lasciamo al precedente La macarena su Roma, scritto nel 2010, anni luce fa. Per il secondo album Iosonouncane ha fatto una scelta estrema realizzando un concept album (guai ad ascoltare le singole tracce che si interrompono improvvisamente per fare spazio al file successivo) dal suono arcaico, viscerale, complesso, che in alcuni momenti potrebbe benissimo fare da colonna sonora a uno spettacolo di danza contemporanea. Si parte dall’inquietantissima Tanca, che con quei suoni gutturali (ricordate quei frammenti di One of these days dei Pink Floyd?) sa di morte o di una vita destinata alla morte, una traccia senza speranza che fa proprio pensare che Die non stia per “giorno” in sardo (regione d’origine di Iacopo Incani), ma proprio per “morire” in inglese. D’altra parte la storia portante di questo disco è quella di un naufrago e della sua donna che da riva teme di non rivederlo mai più, una sensazione di impotenza terribile, che seppellisce anche ogni barlume di sarcasmo, appunto. Se Stormi contiene in sé caratteristiche ancora “umane”, proponendosi in un involucro dalla forma canzone che omaggia le diverse anime di Lucio Battisti, la successiva Buio assume di nuovo sembianze liquide, che alternano momenti eterei a dinamiche più scure e prog, in una lunga introduzione strumentale, che poi lascia il posto alla voce del protagonista, accompagnata da canti femminili che potrebbero essere quelli ingannatori delle sirene di Ulisse. La bellissima Carne, con i suoi fiati che umanizzano tappeti stratificati di sintetizzatori, fa poi spazio alla successiva, breve, Paesaggio, traccia avvolta in un’atmosfera sospesa, preludio alla conclusiva Mandria, dove vengono riprese le sonorità luciferine dell’inizio. Die è frutto di un lavoro molto complesso, durato ben quattro anni, fatto di taglia e cuci e al quale hanno partecipato una quindicina di artisti che con voci, percussioni, sintetizzatori, pianoforte, fiati, chitarre di vario genere, compresa la cosiddetta “chitarra preparata”, particolarissimo strumento sardo, hanno prodotto un affascinante flusso sperimentale in continuo movimento. Difficile staccarsi da questo disco, che si candida a diventare uno dei migliori del 2015. (Katia Del Savio)

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