
Dopo 50 anni passati a calcare centinaia di palchi e registrare decine di album, il leggendario cantautore e chitarrista britannico Michael Chapman dà finalmente alla luce quello che lui stesso definisce il suo “disco americano”, prodotto da Steve Gunn e suonato in compagnia di una folta schiera di amici e seguaci (lo stesso Gunn, Nathan Bowles, Bridget St John, James Elkington, Jason Meagher), contenente diverse rivisitazioni di vecchi pezzi del catalogo di Chapman e alcuni brani inediti. La ventata di autenticità che si respira non appena si comincia l’ascolto fa di questo 50 molto più di un album celebrativo: la scorza dura di chi ha ormai vissuto 76 anni di vita non è così dura da celare l’immenso amore di Chapman per la musica e le persone, la passione che lo muove in ogni sua scelta, la sincerità di un’esistenza dedicata all’arte delle sette note. Tutto questo sembra trasmettersi per osmosi ai musicisti che qui suonano con lui come se fossero da sempre una band, che lo accompagnano magistralmente in questo viaggio retrospettivo e introspettivo in cui il ruolo centrale è giocato dal tempo, protagonista – a cominciare dal titolo – nelle sue più svariate forme, dalla memoria alla nostalgia, dallo scorrere inarrestabile alla continua ridefinizione di senso che ci richiede quando riflettiamo sulla nostra vita. Voce profonda e maestosa, liriche autunnali, atmosfere crepuscolari completano un quadro di rara intensità. (Elisa Giovanatti)
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