Tag Archives: musica balcanica

LE OMBRE DI ROSSO, MOMENTI DI LUCIDITÀ, AUTOPRODUZIONE 2016

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Debutto discografico del sestetto trevigiano Le Ombre Di Rosso, Momenti di lucidità è un album sorprendentemente maturo, erede da molti punti di vista del migliore e più alto cantautorato nostrano, De André su tutti. Colto nell’approccio, vivo nella rivisitazione del folklore, Momenti di lucidità coniuga l’ottima vena poetica di Fabio Fantuzzi (voce, armonica, chitarra, banjo) con una musica che non potrebbe fluire con più naturalezza (figlia in gran parte di Andrea Alzetta, alle prese con pianoforte, fisarmonica e organo), interpretata da musicisti in gran forma. Parte forte con Hey vecchio pazzo, brano incalzante presto seguito dall’altrettanto ben scritto Ma che ne sai, cui succede, a completare una triade particolarmente ispirata, L’equilibrista. Sono tutti pezzi che, in diversa misura, pescano in quei sapori gitani o balcanici diventati ormai sempre più spesso dei semplici, stanchi, cliché da mettere in bella vista al concerto del Primo Maggio, e che qui invece rivivono, autentica eredità culturale coltamente e sapientemente riproposta. C’è poi spazio per atmosfere swing, momenti riflessivi e musiche jazzate (Non è finita ma sta per finire), mentre il ritmo progressivamente rallenta e un velo di nostalgia si stende a coprire il commiato della band. I miei complimenti alle Ombre. (Elisa Giovanatti)

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LA MAISON, VAINE HOUSE, TROVAROBATO 2015

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Formazione livornese precedentemente nota come Brondi Bros, La Maison presenta il suo primo a dir poco funambolico disco, Vaine House, chiamato come quel blocco di case popolari dell’East London in cui i nostri hanno condiviso l’appartamento durante il loro recente passato londinese, durante il quale si sono esibiti come busker e hanno incontrato l’umanità più varia. Un bagaglio di esperienza che si riversa completamente in questo lavoro, registrato da Taketo Gohara e prodotto da Enrico Gabrielli. Grottesco, folle, irruento, Vaine House è quanto di più imprevedibile ci sia in circolazione, tanto che alla fine i pezzi che più degli altri lasciano una sensazione straniante sono quelli che più assomigliano a qualcosa di convenzionale e irreggimentato (Rebs, Like A Snake e Valentine Road). Perché qui siamo in un mondo sonoro sghembo e capovolto, senza regole, in cui a farla da padrone sono forme impazzite, vortici indiavolati e attitudini giocoliere (Zingaraje, Richmond, Sarajevo). Inconsueti sono anche gli strumenti utilizzati, che nella loro varietà includono trombe, accordion, violino, violoncello, mandolino e quant’altro, per un folk-rock che guarda molto più alla tradizione gitana ed est-europea piuttosto che a quella americana. Al di sotto di tutto, come se non bastasse, scorre un filo inquietante e decadente (Devil, Frankie), a complicare ancora di più il lavoro di chi vi vuole presentare questo disco. Meglio lasciar parlare La Maison. (Elisa Giovanatti)

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SAMMY OSMAN, GERICO, MACISTE DISCHI 2015

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Da un’angolatura spesso surreale il cantautore italo-somalo Sammy Osman racconta colori, profumi e suoni della realtà di ogni giorno, e se sembra voler evadere danzando su ritmi senza sosta, dall’altro lato è intimamente ancorato alla quotidianità, per via di tutti quei piccoli dettagli che ritroviamo nei suoi testi: vicoli chiassosi, notti insonni, sapori e incontri restituiscono con vividezza ambienti urbani, terre di mare, mondi lontani e vicini. Gerico, infatti, è un freschissimo viavai di mondi e influenze, che ha il suo centro nel Mediterraneo – esplorato da ogni sua sponda, da quelle a noi più familiari fino a includere sonorità e suggestioni ispaniche, gitane, magrebine e balcaniche – ma non disdegna incursioni in terre più lontane, Russia (Davai Tavarish) e Oriente (Salomè) in primis. Menestrello dalla voce calda, Osman si diverte e ci diverte fra spontanee serenate (Boom Boom), toni fantasiosi (La sposa cadavere), ritmi pulsanti (Vengo a prenderti così), accompagnato da una sezione strumentale estremamente capace e raffinata (clarinetto, percussioni, contrabbasso, chitarra e cori), che lo segue in una perfetta adesione di intenti. Il rischio di perdersi fra mille suggestioni era altissimo, e invece la formazione appare in pieno controllo. Un esordio caleidoscopico e maturo. (Elisa Giovanatti)

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GIANMARIA SIMON, L’ENNESIMO MALECON, V REC. 2014

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Dopo le sontuose mangiate in famiglia a Natale cosa c’è di meglio che fare spazio nel salotto spostando tavolo e sedie per ballare, magari un po’ brilli, con amici e parenti? L’ennesimo Malecon potrebbe essere uno dei Cd da mettere nello stereo proprio a questo scopo. Sì, perché Gianmaria Simon propone un piacevole mix di musica tzigana, swing e milonga, che provoca come minimo il battito di piedi anche da parte dello zio più timido o della nonna troppo satolla. Il 38enne Gianmaria, nato a Sarzana ma cresciuto a Massa, ex suonatore di strada di Bob Dylan e Neil Young in Germania e Francia, studioso di fisarmonica e di Bach al conservatorio, con il suo album d’esordio (prima militava nei Trajet Karavani) propone 11 brani che sanno di campagna e osterie e che si muovono fra Leo Ferrè (vedi la cover di Marzibill), e la musica latina (L’ennesimo Malecon, la morbida e malinconica milonga di Prima che venga giorno), fra folk, balcanica (Ussaro o il singolo Lo chiamerei goliardo) e rock ‘n roll (Il baro). Nulla di nuovo, direte voi, ma la passione, il divertimento e la bravura di Gianmaria e dei numerosi musicisti fanno dimenticare che altri hanno già percorso questa strada. Da non perdere dal vivo, magari nella sua Sarzana, il 21 dicembre. (Katia Del Savio)

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