Se una band ti fa sobbalzare, qualunque sia il suo nome, la sua provenienza e il genere suonato, è dovere di un critico degno di questo nome correre a segnalarla al suo pubblico. Detto e fatto! Dove nascono le balene, incredibile opera del Circolo Lehmann, ensemble letterario-musicale nato nel 2011, possiede davvero tutte le carte in regola per spingere il nome dei suoi creatori lontano dalla soffocanti gabbie provinciali dell’Italia indecisa a darsi un volto serio e a votare all’unanimità la sua maggiore età. Questa sana volontà a volere emergere e a gridare “Io ci sono!”, la si sente forte fin dalle prime battute e quasi obbligatoriamente spinge chi scrive (e magari anche chi ascolterà) a cercare altrove, lontano dai nostrani lidi, riferimenti utili per una più chiara lettura del lavoro. Dalla matrice tardo psichedelica à la Julian Cope emergono qua e là orecchiabili richiami ai Prefab Sprout (Niente di nuovo) ed altri più duri in stile Motorpshyco (La nostra guerra). Intendiamoci il Circolo Lehmann deve molto anche alla tradizioni dei grandi interpreti italiani, a cominciare da Battisti e Branduardi, ma qualunque siano i riferimenti che ognuno può trovare in Dove nascono le balene, ovunque l’orecchio si posi c’è il conforto di un’originalità oggi molto difficile da trovare. Io la mia parte l’ho fatta, ora tocca a voi! (Matteo Ceschi)