
Non lasciatevi tradire dall’incipit di Defctor. Datemi retta! L’album della band tedesca che ha scelto come frontman l’ottimo Daniel Mitchell, già voce degli statunitensi Autumns Eyes, va ben oltre il comune concetto restrittivo di “gothic rock”. Infatti, i Child of Caesar mano a mano che l’album si lancia sul giradischi dimostrano di possedere uno spessore artistico ricco di sfaccettature sonore che, partendo dalle radici del metal anni Novanta, prova ad ibridarne la matrice con sorprendenti innesti sonori che guardano all’azzardo dei primi Soundgarden, quelli di Ultramega OK, ma al contempo non dimenticano il gusto un po’ dark e sornione dei Depeche Mode più rock. Comunque lo vogliate leggere, Love in Black, nonostante la sua debordante potenza, è un album godibilissimo, come pochi se ne possono oggi ritrovare sul mercato. Così godibile da essere subito risuonato una seconda volta. La miscela di aggressività e una sensibilità pop(ular) capace in una manciata di minuti di infrangere le gabbie discografiche, aiutano non poco il lavoro a conquistarsi l’attenzione del pubblico. Lost Sacrifice – con la sua massiccia sezione ritmica, guidata dal batterista Dino Cadavian, e il continuo e fitto dialogo tra le due chitarre – è forse il migliore modo per studiare da vicino il DNA di questo neonato quartetto metal che non faticherà certo a fare parlare di sé. Comunque lo si voglia etichettare, Love in Black sicuramente entra tra i cinque migliori album metal o hard rock dell’anno. (Matteo Ceschi)
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